Anti-semitismo, primo sondaggio mondiale: è sempre “colpa degli ebrei” per 1 su 4

Anti-semitismo, primo sondaggio globale: un quarto di mondo coltiva pregiudizi

ROMA – Anti-semitismo, primo sondaggio mondiale: sempre “colpa degli ebrei” per 1 su 4. Si tratta del più imponente sondaggio mai realizzato per indagare il grado di penetrazione e persistenza dei pregiudizi anti-semiti nel mondo. Commissionato dalla Anti-Defamation League americana (ADL) alla società First International Resources (53mila interviste in 101 paesi diversi più i territori della Autorità palestinese, in 96 lingue diverse), il sondaggio (anticipato dal Wall Street Journal) evidenzia come un quarto della popolazione mondiale trova “probably true” (probabilmente vere) un certo numero di asserzioni negative nei confronti degli ebrei. Più precisamente il 26% degli intervistati considera sostanzialmente vere almeno 6 dichiarazioni infamanti (stereotipi negativi) su 11.

Olocausto. Solo il 4% degli intervistati considera vera l’affermazione secondo cui si tratta di un mito. Il 28% ritiene che il numero delle vittime sia esagerato. Il 62% si fida del fatto che lo sterminio sia avvenuto e che il conto delle vittime sia corretto.

Gli ebrei hanno troppo potere nella finanza mondiale. E’ lo stereotipo più comune: alla questione le tre possibili risposte (abbastanza vero, abbastanza falso, non so) si dividono quasi equamente la torta. La maggioranza (36%) non sa come rispondere. Il 34% condivide l’affermazione. Il 30% no, crede sia un pregiudizio. Quasi stesse percentuali sull’influenza degli ebrei sugli affari globali (37% non è vero, 29% sì) e sul controllo dei media (il 25% risponde sì è vero contro il 38%).  Stesse percentuali dell’ultimo quesito riguardano l’influenza ebraica sul governo Usa.

Gli ebrei sono responsabili di quasi tutte le guerre mondiali. Anche questo è uno stereotipo duro a morire visto che meno della metà degli intervistati non riesce a rispondere negativamente. Solo il 44% dice non è vero. Il 23% ne è convinto. Un terzo non sa rispondere.

A 70 anni dall’Olocausto e, nonostante una massiccia opera di divulgazione corrispondente a un periodo di grande apertura, i risultati “non sono scioccanti ma fanno riflettere”, commenta prudente il presidente di ADL Abraham Foxman. In effetti, data l’eccezionalità  del sondaggio, confronti sono possibili con altri rilevamenti effettuati solo negli Stati Uniti: il 9% dà per veri almeno 6 pregiudizi su 11, dal 29% sondato nel 1964. Nel mondo solo i musulmani sono più osteggiati (24% contro 21%).

Anti-semitismo e anti-sionismo. Il sondaggio non scioglie il dubbio che vi sia una relazione diretta tra i due atteggiamenti: molti leader ebraici spiegano solo con il razzismo anti-semita la recrudescenza degli attacchi contro Israele, per converso i critici della politica di Tel Aviv rifiutano il nesso causa-effetto. Le statistiche certificano una relazione complicata: interessante, a questo proposito, il dato olandese dove a un significativo 43% di pregiudizio nei confronti del governo israeliano corrisponde un modesto 5% che accetta come veri 5 o 6 dei pregiudizi indicati.

Anti-semitismo senza ebrei. Il sondaggio suggerisce che anche nelle nazioni con una presenza molto trascurabile di ebrei l’anti-semitismo faccia proseliti come nelle nazioni che storicamente hanno accolto comunità importanti. Basti un dato: del 26% di intervistati che crede alla maggioranza dei pregiudizi indicati, una maggioranza più che qualificata, il 70%, ammette di non aver mai incontrato un ebreo.

Curiosità. Il Laos è la nazione meno anti-semita del mondo (sensibili ai pregiudizi solo lo 0,2%). In Ucraina, filo-occidentali e filo-russi si accusano a vicenda di anti-semitismo: il sondaggio rivela come in Ucraina chi condivide queste posizioni è al 38%, in Russia al 30%. A Gaza si raggiunge il picco (93%), ma in medio oriente c’è spazio per posizioni più sfumate: l’Iraq il più anti-semita (92%), l’Iran il paese con il livello di pregiudizio più basso dell’area (56%). Nei due giganti asiatici (Cina e India) si raggiunge il 20%, sotto la media mondiale.

 

 

Published by
Warsamé Dini Casali