BUENOS AIRES – Gli americani sintetizzerebbero il concetto con quest’espressione accattivante, invitando ad accorrere numerosi per le grandi occasioni dell’autunno australe 2013. Il paese dei balocchi, dove tutto costa la metà ed è aperto al pubblico. Ma la festa non durerà a lungo, meglio approfittarne al più presto. E soprattutto, la festa non discrimina nessuno, tutti (argentini muniti di dollari inclusi) possono fare grandi acquisti senza rimorsi. Ovviamente approfittando del blue dollar o del tasso di cambio non ufficiale offerto oltre confine. Non più solo orde di uruguayos pronti a comprare anche grandi quantità di barrette di cioccolato, deodoranti e collant, per la maggior parte nei duty free dei traghetti. Ma tanti altri turisti stranieri, impressionati dalla convenienza del mondo K.
Se un anno fa lo shopping porteño era praticamente off-limits per molti (tranne che per i brasiliani) oggi strade e shopping center sono di nuovo ricolmi di compratori compulsivi coi sacchetti pieni dei prodotti più diversi. Abbigliamento, arredamento, oggetti preziosi, ma anche creme di bellezza, make up e accessori. Tutti decisi a sostenere l’Argentina, ad evitare il tonfo del 2013. Sembra banale, ma è fin troppo veritiero. E si conferma ogni giorno di più la teoria della brecha cambiaria volontaria. Nel senso che l’economia è stata rivitalizzata dall’arrivo di denaro più o meno pulito (nazionale) che ha permesso a imprese con giacenze esorbitanti di liberare i magazzini per far posto alla nuova produzione. Una sorta di compensazione al disastro finanziario K, agli scandali e se vogliamo, anche un agente ritardante il crack, che da il tempo al governo di sistemare alcuni dettagli e magari di garantirsi un futuro.
Nella fattispecie, per un uruguayo, un week end in Argentina diventa l’occasione di comprare tutto quello che normalmente non si potrebbe permettere senza indebitarsi per gli anni a venire. Contando che partendo da Montevideo si può pagare tutto il soggiorno in pesos argentini (esistono agenti di viaggio specializzati con conti correnti in Argentina, che permettono l’acquisto di pacchetti turistici in pesos argentini al cambio blue) la traversata del Río de la Plata si sta trasformando in un pellegrinaggio obbligatorio. Cambiando i dollari a Montevideo il tasso di cambio è quasi uguale a quello del blue dollar, circa nove pesos per USD, ma non si commette nulla di illegale.
Il soggiorno nella capitale argentina o nel resto del Paese poi, diventa un’opportunità irrinunciabile. Un taxi per due persone, costa quanto un autobus a Montevideo (da Recoleta al terminal traghetti circa due dollari e 20 cent). Un hotel 5 stelle non supera i 100 dollari per notte (colazione, accesso allo spa e vari lussi inclusi). Nel frigobar di un albergo, lo champagne costa meno che in un supermercato della capitale uruguayana. Basta pagare in contanti. E far girare l’economia, come recitava una pubblicità di qualche anno fa, diventa un gioco da ragazzi. Gli stranieri sorridenti quasi inneggiano alla Presidenta e alla sua grandissima capacità di incentivare il turismo.
Nei negozi lo scenario tipico è quello degli uruguayos che cercano di mettersi d’accordo con i venditori argentini per farsi consegnare merce di valore elevato direttamente in patria, per evitare problemi connessi alle medidas del cero quilo. Infatti, le limitazioni agli acquisti in Argentina hanno messo i bastoni tra le ruote ai viaggiatori dell’altra orilla, ma l’antica fratellanza con gli argentini sembra aver ritrovato vigore per sopperire alle difficoltà, incentivando una sorta di solidarietà tra compratori e venditori. Trattative e strategie per nascondere un tappeto sotto il sedile posteriore o camuffare un mobile di lusso con qualcos’altro, sono all’ordine del giorno. Persino gli italiani, accortisi del business, sembrano più numerosi nelle viuzze di Palermo e nei mall. Tutti viaggiano con valigie rigide di grandi dimensioni, fosse anche solo per un soggiorno di due giorni, vale la pena riempirle. Sbarazzandosi ovviamente di etichette comprovanti il valore della merce e dei sacchetti.
“In Argentina non ho comprato nulla” è la frase ricorrente alla dogana. Chi può provare il contrario? E se per quanto riguarda prodotti di bellezza, farmaci e igiene personale le autorità possono obiettare qualcosa, per l’abbigliamento non sorge alcun inconveniente. Anche se il mercato più interessante non è certo questo o quello delle creme di bellezza o dei medicinali. Le gioiellerie argentine sono diventate le più a buon mercato del pianeta. Un Rolex, che i commercianti locali comprano in franchi svizzeri, se acquistato in pesos risulta decisamente scontato. Con meno di 3.000 dollari si può portare a casa un orologio classico, ma originale ovviamente e rivendibile al doppio fuori piazza. Lo stesso vale per altri beni di lusso, che conservano il loro valore nel tempo e per una serie di investimenti che vale la pena considerare.
Gli immobili ad esempio, iniziano ad essere un po’ meno cari in città e anche se dopo il crack sarebbero ancora più economici, secondo alcuni è meglio comprare ora e non rischiare. Dopo la probabilissima crisi finanziaria, si potranno ancora acquistare in pesos o vista la svalutazione sarà possibile farlo solo in dollari? La seconda alternativa è la più probabile. La brecha cambiaria equivale ad uno sconto quasi del 50%. Comprare un appartamento alla metà del suo prezzo per rivenderlo tra qualche mese/anno al prezzo corretto non sembra una pessima alternativa di investimento. Tanto più in tempi in cui la Germania chiede di poter accedere ai caveau dove si conserva il suo oro negli States e riceve un secco no come risposta. Un appartamento a Buenos Aires o un paio di orologi, scontati del 50%, potrebbero considerarsi una scelta azzeccata e prudente tra qualche anno.