Asia: la via della seta diventa la via dell’eroina

Attraverso le mitiche terre della via della seta la preziosa stoffa non passa più da secoli. Oggi queste strade sono battute da un’altra merce, più povera ma comunque lucrosa. Sempre gli stessi luoghi: le steppe dell’Asia, le montagne dell’Afghanistan e del Pakistan, le città leggendarie di Samarcanda e Bucara. Sempre gli stessi orizzonti della geografia e del mito a costituite una delle più importanti strade commerciali del mondo moderno: quella che oggi è diventata a via dell’eroina.

Una recente inchiesta stima, riguardo al traffico d’oppio, un giro d’affari di sessantaquattro miliardi di dollari. In Afghanistan l’eroina è un business che non trova rivali e l’invasione americana ha peggiorato le cose. I Talebani erano riusciti, con delle leggi molto severe, a diminuire drasticamente il volume della produzione. Da quando le forze straniere hanno preso il controllo del paese l’esportazione degli oppiacei è schizzati a livelli mai visti.

Ma come fanno a passare queste duemila tonnellate di droga annue in un paese che ospita cinquantamila soldati ISAF e ottantamila poliziotti locali? Una delle molteplici risposte ci viene da un paese poco conosciuto, il Tagikistan.

Da Dusanbe, la capitale, ci vogliono tre giorni per raggiungere Ichkrachim, cittadina incastonata nel cuore della catena del Pamir. Qui scorre il Piandj, il fiume che segna il confine tra Afghanistan e Tagikistan. Un ponte congiunge le due nazioni, anche se il check-point si apre solo una volta alla settimana, il sabato affinché i Pamir afghani possono venire a concludere le loro piccole transazioni con i Pamir tagiki. In effetti, la frontiera non corrisponde ad una linea di demarcazione etnica o linguistica. D’altronde, quando cala la notte, la frontiera semplicemente non esiste più. Anche da questo punto, come da tanti altri, i contrabbandieri riescono a fare passare la loro merce. L’acqua non è profonda, e dei muli carichi di sacchi ci passano senza problemi.

La frontiera tra Afghanistan e Tagikistan si estende per milletrecento kilometri. Un enorme territorio controllato fino al 2005 da truppe russe. Poi il cambio della guardia. Le forze tagike, impreparate e senza paga, hanno preso la staffetta e hanno reso la frontiera un colabrodo. Oramai droga e terroristi (per esempio i talebani scacciati dall’operazione nello Swat) si infiltrano senza problemi. Le reti criminali e mafiose di entrambi i paesi dettano la legge e riescono a imporre la loro autorità su un punto così strategico come la frontiera. Dicono che questo sia diventato uno dei luoghi più pericolosi del pianeta.

Il Tagikistan è la più povera delle cinque repubbliche dell’Asia centrale. Metà della popolazione attiva ha dovuto espatriare in Russia o in Kazakistan per sopravvivere. Chi resta qui lavora in maniera illegale. La congiuntura ideale per i trafficanti di droga che non hanno certo difficoltà a trovare mano d’opera. Così, a Dusanbe oggi, in mezzo ai pezzenti e ai contadini, non è raro vedere una Porsche Cayenne o una coupé Lexus. E magari dietro vedere un barbuto che sembra straniero, forse è pakistano.

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fmontorsi