”Nelle condizioni in cui il processo fu fatto all’epoca, la condanna di Battisti è impregnata di dubbi, e in qualsiasi sistema giuridico democratico il dubbio sulle prove e’ un dubbio che incide sullo stesso crimine”. Così Tarso Genro, ministro della Giustizia nel governo Lula che concesse lo status di rifugiato politico all’ex terrorista dei proletari armati per il comunismo Cesare Battisti.
Intervistato dalla Stampa, Genro azzarda un paragone tra l’Italia degli anni di piombo e il Brasile della dittatura. ”Voglio ricordare al popolo italiano che che anche io e altri, tra cui la presidente Dilma Rousseff, eravamo definiti dalla dittatura militare terroristi quando in realtà lottavamo per il ritorno alle libertà democratiche”.
Attuale governatore dello stato brasiliano del Rio Grande do Sul, Genro denuncia ”l’inciviltà e la volgarità con cui hanno reagito alcuni ministri di Berlusconi nel tranciare giudizi sui giuristi brasiliani e sul nostro governo”, e che ”possono avere inacidito eccessivamente la situazione”. Nel riaccendere le polemiche, sostiene, ha poi avuto un ruolo fondamentale la stampa: ”Non si è mai parlato della continua partecipazione straniera in Italia nella lotta contro le azioni terroristiche o sovversive nei cosiddetti anni di piombo. Non si è parlato dei documenti di Amnesty International sulle azioni anch’esse illegali commesse dalle autorita’ nei confronti degli insorti degli Anni Sessanta. Qui in Brasile la stampa ha persino omesso che lo stesso governo italiano ha sempre trattato Battisti come un violento sovversivo e come un agente politico anti-sistema”.
Per l’ex guardasigilli il Supremo Tribunale Federale (Stf), decidendo di non liberare Battisti, ”ha agito politicamente e contro la Costituzione”. Tuttavia ”non c’è rischio di conflitto tra i poteri: il Brasile è una democrazia matura e la decisione del Stf, anche se fosse sbagliata, in qualsiasi senso, sarà accettata dagli altri poteri”.