La terza Intifada è cominciata, ma senza armi: i palestinesi hanno scelto la via del boicottaggio commerciale. Sono stati banditi dal mercato 500 marchi e prodotti delle colonie ebraiche. Di israeliano, insomma, hanno deciso che non vogliono più niente o quasi.
Se il boicottaggio è una strada battuta già da un anno, dopo la legge firmata dal leader dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen contro i prodotti nei supermercati, adesso è arrivata una guida ad hoc per i palestinesi. Si tratta di un vademecum per fare la guerra a Israele senza pietre: il titolo del libretto è “Guida al combattimento contro i prodotti degli insediamenti”. In copertina c’è un dito che punta al lettore e la frase: “La tua coscienza, la tua scelta”.
«Separiamo la politica dall’economia», ha chiesto il suo presidente della Confindustria israeliana, Shraga Brosh, ai colleghi palestinesi. «È impossibile. Noi facciamo una controproposta: separiamoci politicamente e avviamo una grande cooperazione economica», ha detto invece Abdel Hafez Nofal, 56 anni, vice ministro palestinese dell’Economia.
E’ proprio lui Nofal che vuole abbandonare le armi, quelle dell’Intifada partita nel 2000 dopo il fallimento degli accordi di Camp David. «Sono convinto che quella economica sia un’arma infinitamente più efficace delle altre. Sia chiaro: il nostro non è un boicottaggio a Israele. Il nostro interscambio è di 5 miliardi di dollari l’anno: noi esportiamo per 700 milioni e importiamo per 4 miliardi. La quota delle colonie è di 300 milioni. Economicamente non è essenziale, per noi è una questione di dignità».