Brandon Bryant, ex “pilota” di droni: “Ho ucciso 1600 persone col mouse”

La “guerra” dei droni

ROMA – Come in un videogioco, Brandon Bryant, ex soldato di 27 anni dell’US Air Force, racconta come pilotava i droni e uccideva i nemici seduto davanti a un pc, “come in un videogioco…” Scartato dal test per diventare pilota, Bryant era stato assunto come “sensor”, uno di quegli uomini che hanno il compito di schiacciare un pulsante e ordinare a un drone di sganciare missili, nel momento in cui un obiettivo sensibile viene individuato. Brandon “svolgeva il suo lavoro”, pilotava e uccideva direttamente dagli Usa, all’interno di una stanza buia e maleodorante di sigarette nel cuore del deserto del Nevada. Ecco il racconto al giornale GQ America:

“Il paesaggio era lunare, tipico dell’Afghanistan. Sullo scherm otutto appariva nero e solo i tre obiettivi erano identificati col bianco, rischiarati dalla luce a infrarossi. Dopo che mi giunse il segnale “Hanno armi”, una macchia bianca più grande comparve sullo schermo e dei pastori restarono soltanto brandelli”. Racconta Brandon: “Dovevo colpire un ribelle talebano o un affiliato di Al Qaeda ma, una volta ricevuto il comando, mi accorsi che si trattava di un bimbo. Lo sapevo anche mentre spingevo il pulsante. Eppure i miei comandanti, per rassicurarmi, mi dicevano: “È un cane”. Una menzogna. Oggi, di quel bambino, ricordo ancora il fantasma a infrarossi”. “«Passavo le mie giornate – continua Bryant – davanti al monitor in attesa di scovare un obiettivo da colpire. Scrutavo nelle vite degli altri, nella loro intimità. E, per ingannare le ore, leggevo romanzi distopici o libri di guerre elettroniche. Ero entrato nella parte. Mi sembrava di giocare a “World of warcraft” o a“Dudgeons and Dragons””.

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Gianluca Pace