BANGKOK – Nel primo giorno di interrogatori del processo ai Khmer rossi, ripreso oggi dopo due settimane, l’ex “fratello numero due” Nuon Chea ha dichiarato ai giudici che Pol Pot e i suoi fedeli “non erano persone cattive”, addossando al Vietnam ogni responsabilità per gli 1,7 milioni di morti causati dal regime. “Non voglio che la prossima generazione creda che i Khmer rossi fossero cattive persone o criminali. Non c’è niente di vero”, ha detto l’ideologo del movimento che puntava a trasformare la Cambogia sulla base di un’utopia egalitaria.
Nuon Chea (85 anni) ha descritto i rivoluzionari del regime come dei patrioti impegnati nel salvare il Paese dai ricchi e potenti, insistendo sul fatto che nessuno degli orrori di quegli anni sia imputabile a dei cambogiani, e giocando sul radicato stereotipo contro i vietnamiti, che liberarono la Cambogia dal regime nel 1979.
Successivamente Nuon Chea ha chiesto per due volte alla corte di aggiornare l’udienza a causa di problemi di cuore e della difficoltà nella respirazione, rinnovando i timori che il processo non faccia in tempo ad arrivare alla sua conclusione, data l’anzianità degli imputati. Gli altri due ex leader alla sbarra sono il capo di stato Khieu Samphan (80 anni) e il ministro degli esteri Ieng Sary (86).
Anch’essi non hanno mostrato alcun segno di pentimento o disponibilità ad ammettere le proprie responsabilità ; Ieng Sary chiede inoltre che il processa tenga conto di una grazia ricevuta nel 1996, nonostante i giudici abbiano già specificato che quel provvedimento non riguarda le accuse ora mosse nei suoi confronti.