Miracolo nel deserto dell’Atacama, uno dei luoghi più aridi del pianeta: è successo ai 33 uomini che sono intrappolati da oltre due settimane in una miniera. Sono ancora vivi e in ottime condizioni di salute ma se tutto andrà bene, potranno rivedere la luce del sole solo tra 3-4 mesi.
Di fatto, il gruppo potrebbe rimanere a 700 metri di profondità fino a Natale. Dopo la sorpresa e la commozione per la notizia, gli esperti che si trovano nel campo-base della miniera ‘San Jose” a Copiaco, 830 chilometri a nord di Santiago, hanno subito attivato una sonda per inviare acqua, cibo e medicinali: un vero e proprio “cordone ombelicale” con la superficie, che assicura la vita del gruppo.
Ora la priorità è infatti idratare, alimentare e mantenere l’equilibrio psicologico del gruppo, visti i tempi necessari per riportarli fuori dall’area di 50 metri quadrati dove dovranno convivere ancora per molto. Il ministro delle risorse minerarie, Laurence Golborne ieri sera ha potuto parlare con loro parlato per telefono. Ha riferito che il loro stato d’animo è buono e che hanno urlato”Viva il Cile”.
C’è un problema in più tuttavia a preoccupare. La società proprietaria della miniera, la San Esteban, è in gravi difficoltà e un suo portavoce ha ammesso che non sa potranno continuare a pagare gli stipendi e i versamenti per il servizio sanitario nazionale. E se dovesse fallire, come è possibile, i 33 uomini usciranno dal pozzo da disoccupati.
La notizia che i minatori – 32 cileni più un boliviano – erano vivi dal crollo avvenuto 17 giorni fa è giunta grazie ad un messaggio che ha commosso tutto il Cile, quando il presidente Sebastian Pinera si è precipitato davanti alla stampa sventolando un bigliettino ”venuto dalle viscere della terra”, in cui i minatori annunciavano: ”Estamos vivos, en el refugio, los 33” (siamo vivi nel rifugio, i 33). Due righe scritte con una calligrafia incerta ma di enorme impatto emotivo, che infatti hanno subito fatto il giro del mondo.
A Santiago, la notizia è stata festeggiata con più entusiasmo di una vittoria della nazionale di calcio. Nella “Plaza Italia”, centro della città, c’è stata una spontanea manifestazione di solidarietà, mentre sulle tv scorrevano le immagini che facevano vedere i volti dei minatori e le lucine dei loro caschi di protezione ripresi da una mini-camera installata su una sonda.
Il messaggio ha confermato le speranze dei tecnici, che hanno continuato a lavorare nonostante da giorni non arrivassero più segni di vita: al momento dello smottamento nella miniera, i 33 sono riusciti a raggiungere uno dei rifugi delle gallerie, con provviste, ossigeno ed elettricità. Solo così sono riusciti a rimanere in vita dal 5 agosto, sopportando temperature caldissime di giorno e molto basse di notte, 4,5 chilometri dentro alla miniera, con 700 metri di roccia sopra la testa.
L’incubo però non è ancora finito: ”Ci vorranno almeno 120 giorni per salvarli”, ha detto Andres Sougarret, l’ingegnere che guida il team dei soccorritori. Per gli esperti di San Josè è infatti scattata una lotta contro il tempo. Bisognerà vedere i mezzi tecnici che Santiago riesce a mettere in campo: le speranze sono affidate ad una gigantesca macchina perforatrice, con un peso di 33 tonnellate, che inizierà ad operare nelle prossime ore. Molto dipenderà anche dalle comunicazioni tra la superficie e il gruppo di minatori guidati dal loro leader improvvisato, Mario Gomez, il 63enne autore di un messaggio alla moglie che ha scosso tutto il Cile: ”Dai tanti baci ai nostri figli e ai nipoti, dì loro che li amo tanto, che devono stare tranquilli. Saremo felici per sempre, insieme con la nostra famiglia”.