Una preparazione rigorosa, simile a quella necessaria prima di un intervento chirurgico: è quanto dovranno fare i 33 uomini bloccati nella miniera di San José nelle ore precedenti al momento in cui, con l’aiuto dei tecnici cileni, risaliranno in una capsula verso la salvezza.
I 33 dovranno per esempio rispettare un digiuno di almeno otto ore, come si fa in ogni risalita verso la superficie visto che sono a 120 metri sotto il livello del mare, mentre appena usciranno dalla miniera sarà somministrato loro siero con proteine e idrati di carbonio.
La preparazione per il ‘”D-day” prevede inoltre l’intensificarsi degli esercizi fisici che i “mineros” portano avanti ormai da giorni, spiega uno dei responsabili del salvataggio, il medico Jean Romagnoli: ”Li seguiremo minuto per minuto. Se per esempio il minatore che sta risalendo si sente male mentre sarà nella parte inferiore dell’ascesa, potremo farlo ridiscendere per provare a stabilizzarlo. Oppure, se sarà già quasi su, potremo accelerare la risalita della capsula”.
Una volta giunto in superficie, il minatore verrà immesso in una piccola costruzione per le prime emergenze mediche, dove ci saranno solo tre soccorritori (un medico, due infermieri) e i due ministri chiave dell’intera vicenda, quello delle miniere Laurence Golborne, e quello della sanità, Jaime Manalich.
Da lì i minatori verranno portati in una sorta di clinica allestita in questi giorni, per esami e prime cure (siero, vitamina D per compensare l’assenza di luce, lastre, esami del sangue, verifiche psicologiche). Se ci saranno emergenze o problemi, verranno immediatamente portati in elicottero all’ ospedale regionale della vicina città di Copiapo.
A San José ci sarà infine una terza area, dove i “mineros” affronteranno, sotto lo sguardo attento dei medici, quello che sara’ sicuramente il momento più emozionante: l’abbraccio con i loro cari, anche se in questa prima, delicata, fase sarà ammessa la presenza solo di due familiari.