La macchina della morte in Cina fa i conti con i protagonisti delle violenze nello Xinjiang, le peggiori scoppiate in Cina dai tempi di Tiananmen. Un tribunale della città di Shaoguan ha condannato a morte uno dei partecipanti alla rissa in una fabbrica di giocattoli, rissa che fu all’origine dei violenti scontri scoppiati nello Xinjiang nel giugno scorso.
All’origine delle violenze, ci fu infatti una zuffa scoppiata a centinaia di chilometri di distanza, nella provincia meridionale del Guangdong (l’antica Canton). L’episodio era accaduto il 26 giugno, quando un’operaia di 19enne entro’ in un dormitorio di giovani uiguri che lavoravano come lei nell’azienda. Qualcuno le fece una battuta e lei, spaventata, scappò via correndo. Ma a quel punto comincio’ il tam-tam d’accuse di chi diceva che la giovane era stata violentata.
Sul luogo accorsero operai di etnia han e ne nacque una vera e propria battaglia: due uiguri furono picchiati selvaggiamente con aste di ferro e morirono per le percosse. Propagata da Internet, la notizia scateno’ le protesta nello Xinjiang, spina nel fianco del gigante asiatico per la presenza della minoranza musulmana, dove l’agitazione di massa presto sfocio’ in un’ondata di violenza costata la vita a quasi 200 persone. Il tribunale di Shaoguan ha ora condannato a morte un cinese di etnia Han e inflitto l’ergastolo a un altro, entrambi considerati tra i protagonisti della rissa nata nella fabbrica di giocattoli.