Sarebbe dovuto ad un improvviso aumento del trasporto di carbone proveniente da miniere illegali il gigantesco ingorgo nel quale da 11 giorni sono bloccati migliaia di mezzi nel nord della Cina sull’ autostrada 110 che collega Pechino al Tibet.
Lo hanno dichiarato alcuni autisti dei camion coinvolti nell’ ingorgo al quotidiano Notizie di Pechino. La polizia stradale ha attribuito l’ interminabile coda, che già due giorni fa ha superato i cento chilometri di lunghezza, ai lavori in corso sull’ autostrada e ad alcuni minori incidenti che si sono prodotti a causa del traffico intenso. Ma la spiegazione data dagli autisti intervistati dal quotidiano e’ diversa.
La Cina ottiene dal carbone il 70% dell’ energia che consuma. Pechino e i suoi dintorni venivano riforniti di carbone dalle miniere della vicina provincia dello Shanxi, in gran parte illegali. Queste sono state al centro dell’ attenzione per l’ alto numero di vittime tra i minatori, che perdono la vita in esplosioni, inondazioni e frane (in tutto il paese l’ anno scorso 1600 minatori sono morti in incidenti sul lavoro). Le miniere dello Shanxi sono state sottoposte a controlli severi, e molte costrette a chiudere i battenti.
A sopperire all’ improvvisa mancanza di rifornimenti sarebbero quindi intervenute le miniere della più lontana Mongolia Interna. Gli autisti hanno spiegato che da questa provincia preferiscono raggiungere la capitale attraverso l’ autostrada 110 perché non ci sono controlli e non sono costretti a corrompere i poliziotti che li fermano per non farsi sequestrare il carico. Le autorita’ addette al traffico sostengono intanto che la situazione e’ leggermente migliorata e che gli automezzi hanno ripreso a muoversi, seppur alla bassissima velocita’ di un chilometro all’ ora.