
ROMA – L’Italia esporta fannulloni, sono i funzionari dei consolati italiani in giro per il mondo. Basta prendere una mappa, alzare il telefono e tentare. Fatica inutile scrive Roberto Pellegrino per Libero, non risponderebbe nessuno.ย ย Per avere informazioni devi telefonare, e pagare (a 1,5 euro al minuto). Per un documento ci vogliono mesi, quando va bene. Gli “sconsolati” italiani sono un disastro: “Nel 2001 ho avuto a che fare con lโambasciata italiana a Buenos Aires ย – ย commenta Vincenzo Rusciano, ingegnere e imprenditore napoletano che vive a Barcellona – Benchรฉ ci fosse una guerriglia, dagli uffici mi dicevano di non preoccuparmi, quando De La Rua scappava dalla Casa Rosada in elicottero in mezzo a scontri violenti tra militari e gente inferocita”.
A Mosca va peggio, racconta una ballerina classica italiana,ย Francesca: “Allโingresso subisci una perquisizione: niente telefonino, ombrello e macchina fotografica. Poi devi metterti lโanimo in pace e aspettare”. Non solo: “Gli addetti agli sportelli parlano uno scarso italiano e non rilasciano nessun tipo di informazione. Ti invitano a inviare un fax, una email o a telefonare. E se decidi di uscire per una boccata dโaria, non puoi rientrare, cosรฌ perdi il turno e devi rifare la coda”. Se Mosca piange, Londra non ride. Racconta Marco: “Puoi inoltrare le tue richieste soltanto via email, al telefono non ti rispondono. Devi aspettare,male risposte non arrivano. Questa storia dellโinformatizzazione รจ soltanto una fregatura per scaricare le responsabilitร e aumentare i tempi”.
Tutti lamentano la mancanza di organico. Due addetti a Praga, uno a Budapest. A Tirana fanno il part-time. Ad Atene si seguono orari strani e spesso gli uffici restano chiusi. Allโambasciata di Bucarest, ma anche quelle di Sofia, Belgrado, Sarajevo e Varsavia facevano ampio uso di stagisti, poi la legge Fornero ha imposti di retribuirli e sono spariti. A Kiev volano parole grosse. “Sono una mandria di fannulloni e di incompetenti”, urla e riassume un altro italiano contattato da Libero.
