IL CAIRO – Dopo il parere del Gran Muftì, un Tribunale del Cairo ha confermato la condanna a morte di 14 dirigenti dei Fratelli musulmani fra cui la Guida suprema Mohamed Badie in un processo per l’organizzazione di disordini avvenuti nel 2013 come protesta alla deposizione dell’allora presidente Mohammed Morsi. La sentenza è appellabile in Cassazione, secondo e ultimo grado di giudizio dell’ordinamento egiziano.
La condanna era stata inflitta il 16 marzo scorso dalla Corte d’assise di Giza e passata al vaglio segreto e non-vincolante del Gran Muftì, la massima autorità religiosa egiziana.
Il processo, uno degli oltre 30 cui è sottoposto Badie, 71 anni, è noto come quello della “Sala operativa di Rabaa” allestita per coordinare la reazione alla deposizione del presidente Mohamed Morsi. A Badie, condannato già a tre ergastoli, era stata inflitta una condanna a morte commutata in carcere a vita per disordini scoppiati alla moschea di Istiqama.
La sentenza odierna è stata pronunciata nel corso di un processo che ha visto anche infliggere il carcere a vita a un giovane di 27 anni con la doppia nazionalità egiziana e statunitense. Inoltre sono stati condannati a morte anche altri 13 dirigenti dei Fratelli Musulmani, organizzazione dichiarata terrorista in Egitto.
Il direttore esecutivo di Amnesty international Usa, Steven W. Hawkins, ieri aveva scritto una lettera al presidente americano Barack Obama definendo il processo – secondo quanto riferito dal New York Times – “gravemente iniquo”.
La via d’uscita a quello che potrebbe sfociare in un attrito con gli Usa, alleato strategico e fornitore di armi dell’Egitto, potrebbe essere la rinuncia di Soltan alla cittadinanza egiziana. Ciò aprirebbe le porte a un’espulsione come quella prospettata per il giornalista egiziano-canadese di Al Jazeera, Mohamed Fahmy, anche lui sotto processo. Soltan però, nonostante stia avendo problemi di cuore e sia debolissimo causa della mancanza di cibo, finora si è sempre rifiutato di intraprendere questa strada.