IL CAIRO – Il Wael Ghomin, eroe della rivoluzione d’Egitto e uno dei simboli della rivolta di piazza Tahrir, è la persona più influente al mondo. Ad incoronare il blogger voce della rivoluzione egiziana è il settimanale Time.
La medaglia d’argento va al premio Nobel all’Economia Joseph Stiglitz. Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, si piazza al sesto posto precedendo Angela Merkel (ottava), Julian Assange (nono) e Barack Obama, che si piazza in fondo alla classifica all’86mo, preceduto anche dall’uomo che lo stesso presidente americano ha scelto per salvare la Chrysler, Sergio Marchionne (51mo).
A risultare più influenti di Obama sono molte star di Hollywood e della musica, ma anche sua moglie Michelle (22ma): l’oscar Colin Firth conquista la 12ma posizione, lo stilista Tom Ford la 28ma, Justin Bieber la 39ma. In classifica anche William e Kate, attesi il prossimo 29 aprile all’altare. ”Wael Ghonim incarna la gioventù che rappresenta la maggior parte della società egiziana: è un giovane brillante che èdivenuto manager di Google e che aveva perso tutte le speranze di cambiamento in una società caratterizzata dalla paura per decenni” ha affermato nella motivazione della scelta Mohamed El Baradei, uno dei politici di punta dell’opposizione egiziana ed ex direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Ghonim però ha reagito, ”ha compreso che i social media e in particolare Facebook si stavano affermando come uno dei più potenti strumenti di comunicazione in grado di mobilitare e sviluppare idee”, e così, grazie all’uso di blog e internet, ”ha aiutato a lanciare una rivoluzione pacifica straordinaria che ha portato all’uscita di Hosni Mubarak.
Grazie Wael e grazie alle gioventù egiziana”. Ghonim è stato per 12 giorni nelle mani dei servizi segreti che lo hanno catturato durante la rivolta anti-Mubark lo scorso febbraio. Nella classifica 2011 di Time, redatta sulla base delle votazioni dei lettori e dei caporedattori del settimanale l’unico italiano è Marchionne, “senza il quale la terza casa automobilistica americana quasi sicuramente oggi non esisterebbe”. L’amministratore delegato della Fiat è il secondo italiano a comparirvi dopo Renzo Piano, che vi era entrato nel nel 2006.
”La visione di Marchionne su quello che l’alleanza Chrysler-Fiat avrebbe potuto raggiungere, il suo successo con la casa automobilistica italiana e la sua illimitata energia sono stati elementi critici nella decisione di Obama di due anni fa di tenere Chrysler in vita utilizzando i soldi dei contribuenti”, ha spiegato Steven Rattner, l’ex numero uno della task force per la ristrutturazione di Detroit, che per Time ha illustrato le motivazioni del settimanale nella scelta di Marchionne.
“Sempre in maglione nero”, Marchionne in Chrylser “ha simbolicamente spostato l’ufficio dell’amministratore delegato dall’isolamento dell’edificio dei manager al quarto piano di quello degli ingegneri, gomito a gomito con i suoi manager. Ha rivisto la stanca linea di prodotti Chrysler. Anche se il verdetto finale su Chrysler deve ancora essere pronunciato, i segnali iniziali sono promettenti. La società ha raggiunto nel 2010 l’utile operativo. E i modelli di Marchionne hanno incassato giudizi positivi”.