IL CAIRO, 9 MAR – ''Sani e salvi, tranquilli e illesi, anche se forse un po' piu' pessimisti sul futuro dell' Egitto'': con questo spirito, e in queste condizioni, sono rientrati stasera a casa – quasi tutti in Emilia-Romagna – otto tecnici italiani bloccati per sei giorni da una protesta di 5800 operai in una fabbrica egiziana di ceramiche, 100 chilometri a sudest del Cairo, che chiedono aumenti dei loro salari.
Il rilascio degli otto italiani e di due spagnoli, anch'essi bloccati nello stabilimento, e' stato ''un successo delle intense e continue mediazioni dei diplomatici dell'ambasciata d'Italia al Cairo – ha dichiarato all'ANSA il capo dei consulenti, Enzo Pelliconi, prima di ripartire dall'Egitto – e un po' delle mie capacita' negoziali''.
In effetti la vicenda degli otto italiani e due spagnoli si era gia' conclusa positivamente nella tarda serata di ieri, quando tutti sono potuti uscire senza difficolta' dalla fabbrica per essere presi in consegna dalle autorita'' egiziane che avevano schierato forze di sicurezza davanti ai cancelli. Ma dettagli burocratici e organizzativi hanno ritardato la conclusione dell'episodio fino alle prime ore di stamane, quando i dieci sono poi andati a riposare in un albergo dell'aeroporto. ''Siamo stati trattati molto bene e abbiamo ricevuto un'assistenza impareggiabile da parte dei diplomatici italiani con i quali siamo stati in contatto per telefono sin dall'inizio, da sabato, quando e' cominciato lo sciopero dei lavoratori egiziani con l'occupazione'', ha detto all'ANSA Pelliconi, che e' anche il ''responsabile della fabbrica'', per un contratto di collaborazione firmato oltre un anno fa, ''prima della rivoluzione''. In sintesi, nel racconto del tecnico, le ore piu'' difficili della settimana trascorsa forzatamente nella fabbrica 'Cleopatra' appaiono quelle seguite immediatamente all'inizio della protesta, il 3 marzo: gli operai, temendo un intervento armato delle forze di sicurezza e dei militari, hanno disposto bombole di gas attorno alla palazzina in cui erano i consulenti. Pelliconi (''in realta'' volevano solo proteggersi da un'azione militare'') e i suoi tecnici hanno subito utilizzato i loro cellulari per chiamare le famiglie, l'ambasciata d'Italia e quella spagnola.
''Io ho anche parlato con il generale che comandava il servizio d'ordine attorno alla fabbrica'', aggiunge lo stesso Pelliconi. I momenti di tensione pero' sono durati poco: le bombole di gas sono state rimosse e i consulenti sono stati lasciati liberi di muoversi dentro lo stabilimento e di telefonare senza limiti.
''Ci hanno perfino dato cibo migliore di quello loro e non hanno mai dimostrato di volerci far del male''. ''Mi spiace che le loro trattative con la proprieta'' della Cleopatra non stiano avendo successo come hanno avuto le nostre con loro. Molti di loro parlano italiano e sarebbe un peccato la chiusura di questo moderno stabilimento'', ha concluso Pelliconi.
