ROMA – Uno dei leader dei salafiti egiziani torna a bollare come pornografica l’opera del premio Nobel per la letteratura Nagiz Mahfuz. Tornasse al potere, Abdel Moneim Al Shahat proibirebbe la diffusione dei libri del maggior scrittore arabo scomparso nel 2006 e vittima dell’attentato di un fondamentalista nel 1994. “Il suo libro “Awlad Harretna” (Il rione dei ragazzi in italiano) è propaganda per l’ateismo”. Ed è solo l’accusa più grave per l’esponente del movimento wahabbita , che non dimentica l’incitamento alla promiscuità, alla prostituzione, all’omosessualità, tutti temi meritevoli, a suo giudizio, del fuoco eterno.
“Finiremo tutti come a Kandahar?” ci si chiede sui social network: il fatto è che alle ultime elezioni i Fratelli Musulmani sono dati al 40% dei suffragi mentre la componente salafita sarebbe attestata addirittura al 20%. Certo conta che il partito di maggioranza relativa abbia cercato in tutti i modi di distinguersi e non farsi associare ai salafiti intolleranti: ma l’ansia per una svolta “talebana” o “khomeinista” è molto forte. Va considerato che i salafiti condannano le libertà civili come un cedimento alla propaganda occidentale: sono agli antipodi della primavera araba come viene intesa, e forse equivocata, sull’altra sponda del Mediterraneo.
Mahfuz è solo il bersaglio più noto della politica intollerante dei salafiti: un bavaglio gradirebbero metterlo anche alle storie delle “Mille e una notte”. Arrivando all’assurdo di voler coprire le statue dei faraoni e delle divinità dell’Antico Egitto perché testimonianza di una “civiltà corrotta e infedele”.