IL CAIRO – Il deposto presidente egiziano Mohamed Morsi è stato condannato a morte, insieme ad altri 105 imputati, dalla Corte criminale del Cairo: organizzò l’evasione di massa dei vertici dei Fratelli Musulmani dal carcere di Wadi el Natroun durante la Rivoluzione del 25 gennaio 2011 contro il regime di Hosni Mubarak.
Condannati a morte anche il numero due dei Fratelli musulmani, Khairat al-Shater e il segretario generale Mohammed el-Beltagi. Il verdetto passa ora al Gran Muftì, la massima autorità religiosa del Paese per un un parere segreto e non vincolante.
A gennaio 2011 insieme a Morsi evasero altri 30 detenuti: oltre 20mila fuggirono da altre carceri nel resto del Paese, tra cui membri del movimento libanese di Hezbollah e militanti palestinesi di Hamas. Morsi, primo presidente eletto in libere elezioni, fu deposto dal golpe militare nel 2013 dopo le gigantesche manifestazioni di piazza contro le politiche del suo governo.
L’ex presidente era già stato condannato a vent’anni di carcere per la morte di numerosi manifestanti durante le proteste di dicembre 2012 sotto il palazzo presidenziale. L’accusa era di incitamento alla violenza. Nel processo per “evasione” e “invasione di altre prigioni” sono imputate 130 persone di cui solo 27 alla sbarra: gli altri sono stati condannati in contumacia.
Nel parallelo processo cosiddetto “per spionaggio” (l’accusa parla solo di “collaborazione” con organizzazioni straniere a fini di terrorismo) c’è stato il deferimento al Gran Muftì di 16 dei 35 imputati, tra cui il numero due della Fratellanza musulmana, Khairat el Shater e di una donna, ma non del deposto presidente e di Badie.
Il verdetto dei due processi, appellabile, sarà reso il 2 giugno dopo il pronunciamento del Gran Muftì. In quell’occasione verrà annunciata quale sarà la condanna per Morsi nel processo per collaborazione con Hamas.