ROMA – I manifestanti egiziani non abbandonano la piazza. Anche oggi, due settimane dopo il 25 gennaio che visto l’inizio delle proteste anti-Mubarak, oggi in tantissimi hanno affollato piazza Tahrir, nel centro del Cairo.Tutti erano lì per continuare a urlare: ”Mubarak vattene”. E per sottolineare che, a quindici giorni dall’inizio della rivolta, la loro ”determinazione è ancora intatta”.
Lo hanno dimostrato con la forza con cui scandivano decine di slogan diversi, intonavano cori, inscenavano passi di danza al ritmo dei tamburi, innalzavano striscioni o cartelloni con scritte o disegni denigratori del presidente, o sventolavano migliaia di bandiere egiziane. ”Tutto il Paese è con noi. A cominciare dalle nostre famiglie”, dice chi è lì da ormai due settimane, aggiungendo: ”A casa non hanno paura per noi. Sono trent’anni che abbiamo paura, e ora ne abbiamo finito le riserve”.
Sui volti della folla non si legge alcuna apprensione.”Sono qui dal primo minuto, da due settimane. Sono un po’ stanco, ma non me ne andrò fino a che non se ne andrà il rais. Vado a casa una volta a settimana a lavarmi e cambiarmi, e i miei figli, Ali e Khadija, di cinque e tre anni, quando entro mi accolgono con gli slogan che vengono dalla piazza. E mi rendono davvero orgoglioso”, ha raccontato all’ANSA Mohammed Hassan, un ingegnere di 30 anni, accoccolato nella sua tenda affollata, su un lato della piazza. Un riparo di fortuna, realizzato con teli di plastica e stuoie, dove si entra togliendosi le scarpe, ma dove i doveri di ospitalità sono rispettati: ai visitatori vengono offerti tè e biscotti.
Poco dopo la tenda si svuota. Tutti escono per rendere omaggio a Ali Badracham, un noto e anziano regista. Insegna all’Accademia di belle arti del Cairo. Attorno a lui si radunano in molti, e annuiscono contenti quando sentono che esorta i suoi studenti ”ad andare in piazza, a vivere questa esperienza storica, a trarne ispirazione, per la vita e per il lavoro”.
L’ispirazione l’ha senz’altro avuta Mohammad, 25 anni, agente di Borsa a Dubai. ”Quando tutto questo è iniziato, sono tornato di corsa nel mio Paese”. Con una piccola telecamera, con cui gira decine di interviste che poi pubblica su You Tube. ”Perché è necessario che la gente sappia la verità. Senta le vere voci. E non quelle del regime”.
Le interviste più toccanti che ha registrato sono quelle ai medici che dopo le violenze e gli scontri sono venuti a decine, volontari, lasciando tutto per soccorre i feriti. ”All’inizio, i primi giorni, eravamo pochi. Ma poi, quando abbiamo visto gli attacchi criminali delle forze del regime siamo diventati tanti, sempre di più e ci siamo organizzati”, racconta il dottor Hissam Shabana, chirurgo, che ha preso un mese di ferie dal suo ospedale per rimanere nel presidio a Tahrir.
Ora ci sono una decina di ”medical point” sulla piazza, e in ognuno ci sono una decina di medici. ”E’ commovente vedere un popolo che lotta per la libertà. Ma è anche molto triste vedere un regime criminale che ruba la vita a degli innocenti. Come ha fatto con i cecchini nel mercoledi’ di sangue”. Il dottor Shabana racconta di aver raccolto i cadaveri di tre persone uccise ”a tradimento”, e di aver curato altre due persone ferite a colpi di fucile. Ma anche gente ferita a pugnalate, a sassate. E anche persone colte da attacchi di panico. Anche il suo farmacista, il dottor Romi Milad è tornato di corsa nel suo Paese, dall’Arabia Saudita. ”Sono cristiano, ma non ha importanza. Siamo un solo popolo e sono venuto a lottare con i miei fratelli islamici per il nostro Paese”. Mentre parla, alle sue spalle uno dei dimostranti innalza uno striscione con scritto: ”Grazie rais, per averci riunito” e al centro ci sono sovrapposte una croce e una mezza luna.
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