Egitto, nel dopo Mubarak spuntano le Sorelle Musulmane

ROMA – Hanno arringato i manifestanti contro l’ex presidente Hosni Mubarak, tenuto i contatti con la stampa, dormito accampate in piazza Tahrir e qualcuna è stata anche arrestata. Oltre a portare alla deposizione di un leader al potere da 23 anni, i 18 giorni di rivoluzione egiziana hanno avuto come effetto quello di aumentare il ruolo delle donne nella società egiziana. In particolare di quelle affiliate ai Fratelli Musulmani, il movimento islamico che rappresenta la maggiore e più organizzata forza d’opposizione del Paese.

Così le ‘Sorelle musulmane’, come sono state ribattezzate, puntano ora a conquistare una maggiore emancipazione e a eguagliare i ‘Fratelli’ all’interno dell’organizzazione. Eppure la prima volta che Asmaa Shehata ha dormito in piazza Tahrir, insieme a centinaia di migliaia di egiziani, la sua è stata una sfida in piena regola ai precetti della sua famiglia iper conservatrice, come lo sono la maggior parte di quelle egiziane, e al coprifuoco imposto dalla madre. “Il fatto di aver potuto dormire per strada e di aver potuto prender parte alla rivoluzione contro un leader ingiusto è stata un’esperienza eccitante”, dice l’attivista islamica, 28 anni.

Laureata in scienze delle comunicazioni e iscritta ai Fratelli musulmani, Shehata per settimane ha testato la sua esperienza tra i rappresentanti maschili del movimento. “Noi, le ragazze, abbiamo parlato con i giornalisti, arringato i manifestanti, dormito in piazza Tahrir e alcune di noi sono state arrestate. Abbiamo fatto tutto quello che hanno fatto i nostri fratelli”, spiega la giovane militante, vestita con una lunga tunica marrone e un velo giallo che le copre il capo e le spalle.

“Le cose in Egitto stanno cambiando e mi aspetto un cambiamento anche all’interno del gruppo, in modo che anche le donne possano essere rappresentate all’interno della struttura organizzativa dei Fratelli Musulmani”, ha detto Shorouk al-Shawaf, una ‘sorella’ di 25 anni attiva nel movimento. Shehata e al- Shawaf, attiviste nella Fratellanza da anni, ritengono che sia arrivato il momento che le donne siano ammesse a ricoprire le più alte cariche del movimento dopo decenni si esclusione.

La componente femminile dei Fratelli musulmani è pari al 25 per cento di tutti i membri del gruppo, come rivelano fonti universitarie. Nell’ultimo decennio le donne hanno svolto un ruolo politico significativo all’interno del movimento, contribuendo alla sua integrazione nel sistema politico egiziano, se pur senza alcun riconoscimento ufficiale.

Il loro atteggiamento conservativo e il loro aspetto ingolfato non hanno impedito alle donne dei Fratelli Musulmani di condurre campagne elettorali aggressive a favore dei candidati del gruppo, correndo per vari uffici, sindacati, in parlamento e presso associazioni studentesche.

Nelle ultime due elezioni parlamentari si sono viste decine di donne giovani e di mezza età velate, indossando tuniche, fuori dalle urne ad affiggere poster dei candidati islamici. Al-Shawaf racconta la sue esperienza nel gruppo durante le elezioni del 2005 e del 2010. “Abbiamo condotto una campagna porta a porta. Andavano nelle case delle persone in aree dove i Fratelli Musulmani erano candidati per spiegare il loro programma e gli obiettivi raggiunti dal gruppo nei precedenti parlamenti”, spiega.

Nonostante la loro dedizione al movimento, finora le donne sono state escluse dalle due principali strutture dell’organizzazione: il Consiglio della Shura, ovvero l’organismo legislativo del gruppo, e l’Ufficio di guida, l’organismo esecutivo eletto nella Fratellanza.

“Sono sempre stata sorpresa dal fatto che l’Ufficio guida non avesse alcuna donna” nel suo panel, dice Shehata. “E mi è sempre stato detto che i membri dell’Ufficio erano sempre a rischio arresto e che il gruppo voleva tutelare le donne da questo rischio. Ma questo avveniva in passato”.

Considerate le prospettive di un nuovo ordine democratico, Shehata crede che presto le donne avranno più voce all’interno dell’organizzazione e si augura che una donna possa essere eletta a capo dell’Ufficio guida. “Una donna nell’Ufficio guida può capire meglio e rappresentare le idee delle sorelle musulmane”, ha aggiunto. Diversa, invece, la sua posizione riguardo alla presidenza del movimento, che Shehata ritiene comporti troppa responsabilità per una donna considerato il suo comportamento “emotivo”. Inoltre, la società egiziana maschilista è ancora molto lontana dalla possibilità di accettare una donna presidente.

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Published by
Maria Elena Perrero