Da eroi moderni a dimenticati: la favola incompiuta dei minatori cileni

SANTIAGO – Erano eroi intrappolati sottoterra, ora sono stati dimenticati. La favola dei minatori cileni, un anno dopo, non è andata proprio a buon fine. La loro storia sembrava un esempio moderno della ruota della fortuna (l’idea medievale per cui tutti i mortali, siano essi principi od operai, si trovano su una ruota che li porta ciclicamente alle vette del successo e negli abissi della disgrazia). Erano semplici minatori, intrappolati da più di un mese nelle viscere della terra quando, poco più di un anno fa, nella notte tra il 13 e il 14 ottobre, venivano estratti vivi da quella terra che li aveva imprigionati.

Ad attenderli non c’erano solo i loro cari, le loro mogli, le loro famiglie. La notorietà, la fama era lì, con una moltitudine di telecamere, di giornalisti, di avvocati che brandivano contratti. Il sogno che non si osava sognare era a portata di mano: diventare da operaio a rock star nello spazio di qualche ora. Passare dagli abissi della morte sfiorata ad una vita molle e sensuale in una villa di Hollywood, tale sembrava il destino dei “Los 33”, come il pubblico ed i media li avevano ribattezzati.

Ma così non è andata. Per loro la ruota della fortuna ha girato troppo velocemente. Un anno dopo il loro salvataggio, i miraggi del successo sono svaniti e le sirene della gloria hanno smesso di cantare. I giornalisti del quotidiano britannico The Guardian hanno raccolto la testimonianza di Samuel Avalos, che lavorava nella miniera solo da qualche giorno quando il crollo è avvenuto. «Eravamo delle rock star – racconta – La gente saliva sugli alberi per vederci.»

Dietro le sue parole si intravedono le immagini della folla che circondava la miniera il giorno dell’estrazione. Il presidente del Cile in persona attendeva il ritorno su terra degli operai mentre messaggi di solidarietà e congratulazioni arrivavano dai responsabili politici dei più importanti paesi del mondo. Oggi, dodici mesi dopo quel giorno, Samuel vende cd pirata per le strade di Santiago. Ai giornalisti inglesi che gli rivolgono le domande chiede se vogliono compare la sua moto, oppure una bandiera cilena firmata dai 33 minatori.

Durante un breve momento di gloria, Los 33 sono diventati un simbolo di solidarietà e di fede, l’emblema di un miracolo moderno di fraternità in un mondo segnato sempre più dall’opportunismo e dall’individualismo, una parabola laica della lotta contro la fatalità. Ma, al di là del simbolismo, questi uomini erano diventati anche delle superstar.

Appena usciti dalla trappola, Los 33 hanno ricevuto regali e denaro da uomini famosi e potenti, sono stati applauditi da una folla in visibilio allo stadio di Wembley, sono partiti in viaggi ufficiali in tutto il mondo, sono stati fotografati dai più grandi fotografi per le pagine delle più grandi riviste.

Oggi, la maggior parte di loro sono ricaduti nella povertà da cui sembravano dover uscire. Sette sono in permesso malattia, quattro di loro sono tornati nelle miniere e quindici sono disoccupati. Alcuni di loro non hanno un lavoro stabile e collezionano piccoli lavoretti. Molti soffrono di gravi problemi psicologici.

Edison Pena, uno dei minatori più mediatizzati, il fan di Elvis che correva nelle gallerie della miniera, è da poco entrato in un centro di disintossicazione per lottare contro la dipendenza dall’alcol e dalle droghe. La maggior parte di loro, ossessionati dal ricordo della tragedia sfiorata e dalle sirene ingannatrici del successo, vive consumando forti dosi di calmanti, stimolanti, stabilizzatori di umori.

La favola moderna è rimasta pur sempre una favola. Le luci della televisione si sono spente, l’incantesimo si è rotto, la realtà è tornata ad essere la realtà per i trentatre minatori cileni.

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fmontorsi