
ROMA – Gaza. “Bush criminale di guerra”: lui creò il califfo nero, Hamas falso bersaglio. Quando il leader israeliano Benjamin Netanyahu minaccia l’invasione di Gaza e promette di “togliersi i guanti” per debellare infine Hamas, sbaglia bersaglio, sostiene lo scrittore francese di origine ebreo-polacca Marek Halter su Repubblica. E il rapimento (e uccisione) dei tre ragazzi israeliani, la pioggia di razzi lanciati senza soluzione di continuità, non sono forse responsabilità di Hamas?
In Medio Oriente è improvvisamente apparso un nuovo attore, una figura inaspettata, che non rispetta le regole. E che nessuno sa come contenere, aggredire o neutralizzare. Sto parlando di Abu Bakr al Baghdadi, il nuovo Bin Laden […] Al Baghdadi ha una strategia ben precisa. Scatenare l’inferno a Gaza è il diversivo che gli consentirà di penetrare in Giordania. Mentre Israele combatte o invade la Striscia, lui potrà tranquillamente dirigersi verso Amman per realizzare il sogno del califfato, un progetto tutt’altro che assurdo. Infatti, con il califfato si aboliscono le frontiere politiche e si ritorna all’idea originaria dell’Islam, dove i ricchi saranno costretti a spartire i loro beni con i poveri e dove sarà la religione a risolvere ogni problema. (Marek Halter, La Repubblica)
Bisogna risalire alla storia recente dell’invasione dell’Iraq per capire il mutamento di scenario in cui il ruolo di Hamas sta diventando secondario rispetto alla radicalizzazione estrema della nuova jihad islamica. Perché il califfo nero, secondo Halter, è un prodotto della guerra di Bush figlio.
Se volessimo risalire negli anni, uno degli artefici di questo disastro è l’ex presidente George W. Bush, il quale usando la menzogna ha destabilizzato quella parte del pianeta, dall’Iraq alla Siria. Bush è un criminale di guerra che andrebbe processato dal Tribunale internazionale dell’Aja. (Marek Halter, La Repubblica)
Ora, secondo Halter, Netanyahu usa Hamas come facile obiettivo per nascondere la debolezza politica che non gli consente di trattare con il leader dell’Autorità palestinese Abu Mazen (che non rompe con Hamas). Ma intanto bombarda siti già noti, quelli di Hamas, e non conosce quelli dei nuovi jihaddisti che nel frattempo, col sogno del califfato, stanno cercando di superare anche le divisioni tra sunniti e sciiti. L’opportunismo politico perseguito dal leader israeliano non consente di riconoscere la diminuita autorità di Hamas e il pericolo rappresentato dal califfo in ascesa.
L’ultima volta che incontrai Khaled Meshal, il capo di Hamas, mi disse che presto non avrebbe più controllato Gaza, dal momento che la situazione gli stava sfuggendo dalle mani. Mi disse anche che era giunto il momento di negoziare con Israele, perché nella Striscia stavano nascendo falangi jihadiste, le quali non avrebbero mai trattato con lo Stato ebraico. Ebbene, a Gaza sono proprio quei gruppi paramilitari, molto più intransigenti e più radicali di Hamas, che oggi stanno mettendo il fuoco alle polveri. (Marek Halter, La Repubblica)