Un ennesimo incidente di confine ha riproposto la tensione a cavallo fra Israele e la Striscia di Gaza, l’enclave palestinese controllata dagli integralisti di Hamas, dove stamattina due miliziani della Jihad Islamica sono stati colpiti a morte dal fuoco israeliano.
L’episodio coincide con la vigilia dell’anniversario dell’inizio della sanguinosa offensiva Piombo Fuso di due anni fa (chiusasi il 19 gennaio 2009 con un bilancio di circa 1400 palestinesi e 13 israeliani uccisi). E sottolinea una nuova fase di fibrillazione pressoché quotidiana, malgrado entrambe le parti tendano a escludere il bis d’un conflitto su larga scala.
Secondo la radio militare israeliana, lo scontro odierno è stato conseguenza del tentativo di una cellula terroristica di collocare ordigni a ridosso dei reticolati di confine, a poca distanza dal valico di Sufa: un attacco intercettato dalle pattuglie israeliane e conclusosi con l’uccisione dei due miliziani, ha riferito un portavoce.
Fonti palestinesi hanno invece affermato da Gaza che i due caduti avrebbero ingaggiato battaglia con un’unità israeliana infiltratasi per qualche centinaio di metri nella Striscia, in direzione di Khan Yunes. Sia come sia, la vicenda rappresenta solo l’ultimo di una serie di conflitti a fuoco verificatisi nelle ultime settimane lungo la linea di demarcazione, con contorno di ripetuti lanci di razzi e colpi di mortaio da Gaza verso il sud dello Stato ebraico e da raid aerei israeliani di rappresaglia.
Nei giorni scorsi l’uomo forte di Hamas a Gaza, Mahmud a-Zahar, ha provato ad alleggerire il clima assicurando che la sua parte ”resta impegnata a mantenere l’autocontrollo fintanto che non ci sarà un’aggressione”.
Mentre anche i vertici delle brigate Qassam (braccio armato di Hamas) hanno fatto sapere di non voler violare la relativa tregua in vigore da dopo “Piombo Fuso” pur dicendosi pronti alla guerra in caso di attacco nemico.
Sul fronte israeliano a parlare in settimana è stato invece il capo di Stato maggiore, generale Gaby Askhenazi, secondo il quale è Hamas – considerata responsabile da Israele anche delle azioni delle fazioni minori della galassia radicale palestinese attive nella Striscia – ad aver provocato ”una certa escalation” in questi ultimi tempi. Escalation che a suo giudizio non sembra destinata a sfociare in una nuova guerra, ma a cui comunque lo Stato ebraico – ha avvertito il generale – è in grado di rispondere ”con ogni mezzo” in caso di necessità.
Un concetto ribadito oggi dal ministro Silvan Shalom, esponente di secondo piano del governo Netanyahu. Alcuni analisti israeliani ritengono tuttavia che, se le cose non cambiano, un ulteriore conflitto aperto possa essere solo ”questione di tempo”.
Tanto più che in ambienti militari si moltiplicano le denunce e le preoccupazioni sul rafforzamento dell’arsenale di Gaza: dalla gittata dei missili a medio raggio al presunto possesso – finora ignorato – di nuovi razzi anticarro modello Kornet (di produzione russa, ma in dotazione anche a Paesi come la Siria, strettamente legata a Hamas). Razzi potenzialmente capaci di perforare le corazze di buona parte dei blindati israeliani attualmente schierati in zona.