LIBIA – E’ passato al contrattacco il colonnello libico Muammar Gheddafi. Il messaggio all’Occidente suona pressoché così: il petrolio è nelle mie mani, lo gestisco io. Tripoli non casca, a dispetto delle rivolte di piazza e delle pressioni internazionali contro il leader.
Dal suo bunker nella capitale riappare in pubblico, per la terza volta in tv, ci mette la faccia per cercare di accaparrarsi favori fra la sua gente e sfidare ancora le potenze al di là del mare, mentre in strada la controffensiva è partita proprio da uno dei centri petroliferi del Paese. A Brega le fedeli milizie di Gheddafi hanno ripreso il loro check point economico nella parte orientale del Paese.
Il colonnello ha portato in strada carri armati, tank, poliziotti e circa 500 blindati per riprendersi la Cirenaica, la terra da cui si è accesa la protesta. Le brigate del regime hanno preso d’assalto l’aeroporto , mentre ad Ajdabiya, hanno sganciato bombe dai caccia militari.
Tripoli non cede, Gheddafi resterà in nome dell’oro nero, mentre il prezzo schizza a oltre 100 dollari al barile. Dopo avere sfiorato il record il 23 febbraio scorso, ha sfondato nuovamente questa soglia psicologica superandola nelle contrattazioni in Asia portandosi a 100,26. Il Brent ha guadagnato oltre 70 cent raggiungendo la quotazione di 116,12 dollari al barile. Adesso il rais si è ripreso anche Tobruk, nell’est del Paese, ha fatto ripartire l’export dalla Libia. Ma è già choc petrolifero e probabilmente questo è solo l’inizio.
Tripoli produce meno della metà di quello che fruttavano i suoi giacimenti prima della rivolta. Il greggio manca, una mancanza che è stata già scontata dalla speculazione con aumenti della benzina che hanno sfiorato i 2 centesimi da parte di Eni, Shell, Tamoil e TotalErg.
Si tratta di uno stallo che rischia di durare a lungo. Si aggiunge lo stordimento delle Borse che perdono punti e scivolano giù sulla scia dei timori legati alla situazione in Nord Africa.
Le vendite sui listini in Europa non risparmiano nessun comparto ma si accaniscono specialmente sui titoli delle auto (-2,3% l’indice settoriale) e sulle materie prime (-2%). Soffrono Daimler (-3,2%), Rio Tinto (-3%), Bmw (-2,9%) e Fiat (-2,5%). Oggi negli Usa, dove i Future sullo S&P sono in lieve calo, sono attesi dei nuovi dati sull’andamento della disoccupazione. Sui listini scivola Swiss Re (-3,5%) che ha stimato in circa 800 milioni di dollari le richieste di rimborsi legate al terremoto in Nuova Zelanda.
Ultima, ma solo in lista, la fiammata dei prezzi alimentari dopo la crisi libica che minaccia anche i vicini Tunisia ed Egitto con un aumento fino al 40%. In un paese come l’Italia dove l’86% dei trasporti commerciali avviene su strada, commenta la Coldiretti, l’aumento dei carburanti pesa notevolmente sui costi della logistica e sul prezzo finale di vendita dei prodotti con il rischio concreto di una ripresa dell’inflazione.