IL CAIRO – “Vi prometto che faremo luce e arriveremo alla verità, che lavoreremo con le autorità italiane per dare giustizia e punire i criminali che hanno ucciso vostro figlio”. Così il presidente egiziano Abd al-Fattah Al Sisi si rivolge alla famiglia di Giulio Regeni, ricercatore italiano rapito, torturato e ucciso al Cairo, in un’ampia intervista a Repubblica di cui il quotidiano pubblica la prima parte.
Al Sisi definisce la morte del giovane uno “shock” anche per l’Egitto e sottolinea i tanti “interrogativi” del caso, in primis quello sulla “tempistica” della scoperta del corpo durante la visita di un ministro italiano. Il generale sottolinea che “il rapporto con l’Italia è storico e unico per la sua natura”, evidenzia che il nostro Paese è “il primo partner commerciale dell’Egitto nell’Unione europea”.
Il lavoro con l’Eni, aggiunge, “è il simbolo della profondità e della forza delle eccezionali relazioni con l’Italia”. Al Sisi rimarca anche la sua “grande stima” per il premier Matteo Renzi. Sulla morte di Giulio Regeni, precisa, “l’indagine qui in Egitto è dal primo momento sotto la diretta supervisione del procuratore generale e ci sono gruppi di investigatori specializzati che stanno lavorando giorno e notte per scoprire le cause reali e svelare le circostanze che hanno provocato questa drammatica morte. Non ci fermeremo finché non sarà stata raggiunta la verità”, promette. Quanto agli interrogativi sulla morte del giovane, Al Sisi si chiede chi abbia “interesse a boicottare o bloccare l’ampia collaborazione tra Italia e Egitto sul fronte dell’energia e della sicurezza, in una fase di turbolenza in tutta la regione”.
L’obiettivo, spiega, “è colpire l’economia egiziana e isolare il Paese. Questa è una ritorsione per la grande guerra che l’Egitto sta conducendo contro le forze dell’estremismo e del terrorismo”. “C’è un punto fondamentale su cui riflettere”, dice: “La stabilità dell’Egitto è cruciale, se dovesse finire sarebbero in pericolo il Mediterraneo e l’Europa”. Contro il terrorismo “ci vuole una strategia globale e non gli sforzi di singoli Paesi”. “È molto importante che la comunità internazionale mandi un messaggio fortissimo ai Paesi e ai partiti che sostengono i terroristi rifornendoli di armi, soldi e combattenti”. “Sappiamo tutti chi sono”, rimarca, “e ci vuole un messaggio forte e chiaro in cui si chiede loro uno stop al sostegno dei terroristi”.