ROMA – “Forse” dicono gli amici di Giulio Regeni, forse quella sera del 25 gennaio Giulio, prima di raggiungere un gruppo di amici per un compleanno, ha fatto una sosta a piazza Tahrir. Ovvero la piazza simbolo della primavera egiziana dove alcuni gruppetti, sfidando divieti e polizia, avevano organizzato un incontro per ricordare la rivoluzione mancata.
Ed è sempre con un “forse” che gli stessi amici egiziani ipotizzano che il ragazzo possa essere stato preso là nel corso di una retata.
La salma di Giulio è arrivata sabato mattina all’aeroporto di Roma a Fiumicino. Ad attenderlo c’era il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Sull’aereo anche i genitori del giornalista-ricercatore, che faranno scalo a Roma e poi torneranno a Trieste. La salma ora “parlerà” ai medici legali dell’Istituto di medicina legale dell’università La Sapienza. Chi ha visto il corpo di Giulio parla di torture e sevizie. Una descrizione compatibilissima con i metodi brutali della polizia egiziana che, in nome della lotta al terrorismo (definizione che non comprende solo i jihadisti ma anche gli oppositori di Al Sisi) usano la forza per estorcere confessioni. Scrive Repubblica:
La ricostruzione che emerge dagli amici di Giulio delle sue ultime ore di vita ci consegna un giovane diretto dalla casa che divideva con tre colleghi del quartiere borghese di al Dokki verso il centro città, non lontano da Tahrir Square, in un ristorante per una festa di compleanno. “Forse – dice qualcuno di loro – voleva prima fare un salto a Giza dove sfidando i divieti del governo si doveva svolgere un happening in ricordo di quei, lontani, giorni della Primavera araba”. Su quella piazza in base a testimonianze raccolte ieri c’è stata quel giorno una “retata a strascico”. Marciapiedi bloccati e tutti in commissariato, poco distante c’è quello famigerato di Giza, già tristemente noto durante le due rivoluzioni. Oggi gli amici di Giulio che provano a spiegare ciò che è accaduto in quelle ore hanno paura. Non rispondono al cellulare, hanno chiuso gli account Facebook. Adesso hanno la certezza che i loro post critici con il governo venivano letti anche da qualche servizio segreto dello Stato.
Non solo:
In quei giorni di gennaio venato dalla tensione dell’anniversario e dal timore di attentati del terrorismo islamista, solo al Cairo ci sono state 6.000 perquisizioni e qualche migliaio di arresti – come ha documentato Human Rights Watch – e all’appello mancano ancora 490 persone. Solo nel 2015 ci sono stati 16 ritrovamenti di cadaveri analoghi a quelli di Giulio, corpi gettati nei fossi con evidenti segni di tortura.
“Sono qui per affermare il mio profondo cordoglio e quello del Governo, e la vicinanza alla famiglia Regeni. Ma sono qui anche per affermare la volontà del Governo affinché sia raggiunta al più presto al verità e che sia fatta giustizia”, ha detto Orlando prima dell’arrivo del feretro. “Per questo – ha aggiunto – chiediamo piena collaborazione alle autorità egiziane e chiediamo loro di agire con determinazione, trasparenza e rapidità. Da parte nostra abbiamo assicurato da subito una disponibilità alla cooperazione: lo hanno fatto le forze dell’ordine presenti al Cairo e lo hanno fatto le nostre autorità giudiziarie impegnate per competenza alla ricerca della verità, nell’ambito dell’ordinamento italiano”.
Dell’inchiesta sulla tragica morte del dottorando italiano è tornato a parlare il ministro della Difesa Paolo Gentiloni: “A quanto risulta dalle cose che ho sentito sia dall’ambasciata sia dagli investigatori italiani che stanno cominciando a lavorare con le autorità egiziane, siamo lontani dal dire che questi arresti abbiano risolto o chiarito cosa sia successo. Credo che siamo lontani dalla verità”. “Credo che bisognerà lavorare, bisogna assolutamente che questo lavoro possa essere fatto insieme”, ha aggiunto il ministro.