CITTA’ DEL GUATEMALA – Condannato, anzi no. Una sentenza a 80 anni di carcere per genocidio dev’essere parsa troppo audace. Così la Corte Costituzionale del Guatemala ha fatto marcia indietro: condanna annullata per l’ex dittatore Efrain Rios Montt. Il genocidio? Lo sterminio di quasi duemila indios dell’etnia Maya Ixil? Ci sono stati, ma che sia stato proprio Rios a commetterli non è provato negli atti del processo. Irregolarità formali, per l’esattezza. Per questo motivo la Corte ha annullato la sentenza, riaprendo il processo.
Rios Montt era stato giudicato colpevole il 10 maggio scorso della morte, durante il suo governo (1982-19839 di oltre 1.770 membri dell’etnia Maya Ixil del dipartimento del Quiché, accusata all’epoca di aver fatto parte della guerriglia protagonista della lunga guerra civile che tra il 1960 e il 1996 ha insanguinato il Guatemala, provocando la morte di circa 200 mila persone.
Ma la Corte costituzionale del Paese centramericano ha bocciato la sentenza e riportato lo stato del procedimento al 19 aprile, data in cui ci fu una disputa tra due giudici impegnati nel processo.
Al momento, però, non è chiaro quando il procedimento contro l’ex dittatore guatemalteco dovrebbe ripartire.
Eppure le conseguenze del massacro rappresentano una ferita difficile da chiudere. Molti dei 98 testimoni hanno raccontato i danni emotivi e mentali del genocidio. Secondo le testimonianze i soldati hanno raso al suolo interi villaggi degli indios, hanno bruciato le loro case, distrutto i raccolti, ucciso gli animali e sterminato donne e bambini.
Secondo l’accusa, sarebbe stato proprio l’ex dittatore a ideare l‘operazione ‘Terra Bruciata’: una tattica usata dai militari che prevedeva tra l’altro l’impiego di aerei e bombardamenti per contrastare la guerriglia. Ma per una condanna dei colpevoli bisognerà aspettare.