Domenica 28 novembre gli haitiani sono andati alle urne sperando di cambiare in meglio un paese che sta ancora cercando di rialzarsi dopo il terremoto che lo ha colpito quasi un anno fa. Nel giro di poche ore i seggi elettorali erano stati distrutti e la protesta contro il governo in carica montava per le strade di tutto il paese.
Il malcontento è scoppiato alle 14 di domenica quando 12 dei 19 canditati alle presidenziali si sono riuniti nella sala di un albergo per intimare al governo di Rene Preval ed il candidato da lui appoggiato, Jude Celestin, persona a capo di una società edile statale e fruitore di una ben congegnata campagna elettorale, di annullare le elezioni.
“E’ ormai chiaro a tutti come il governo di René Preval, d’accordo con il consiglio elettorale, stia mettendo in atto un piano con il solo scopo di interferire nelle elezioni. Con l’appoggio del suo partito politico e del suo candidato, Jude Celestin”, ha detto la candidata a presidente Anne Marie Josette Bijou. Anche i portavoce delle Nazioni Unite hanno dichiarato che “numerosi incidenti hanno segnato le elezioni.”
Il consiglio elettorale, in una conferenza stampa da loro convocata domenica sera, ha etichettato le proteste come prive di valore legale e che delle irregolarità erano state risconstrate in solo 56 dei 1,500 seggi. Non era però dato sapere come fossero entrati in possesso di questi dati; il governo haitiano, invece, non ha ancora rilasciato delle dichiarazioni in merito.
Le accuse che vengono mosse al governo vanno da frode elettorale alla disorganizzazione dei seggi che hanno bloccato le elezioni ed impedito il diritto di voto della maggioranza degli haitiani. Molti seggi elettorali sono stati aperti tardi e quando i cittadini si presentavano per votare o i loro nomi non erano presenti sulle liste o il seggio era stato saccheggiato.
“Sono stato qui dalle 6 di stamattina e non riesco a trovare il mio nome sul registro. E’ dal 2006 che ho la tessera elettorale. Me ne vado a casa” ha detto Dessant Dor, 57 anni residente nella capitale. Una radio locale ha riportato di una uccisione nel seggio rurale di Artibonite. Ad un altro seggio nel vicinato di St. Philomene una donna si è lamentata dei giovani che approfittavano dei disordini per votare più volte. Le accuse non hanno potuto essere confermate perché uno sciame di persone ha intimato a due giornalisti della Associated Press di andarsene.
C’è da dire che delle defezioni e dei disordini erano preventivabili, anche in virtù del fatto che i risultati non sarebbero stati ufficiali prima del 7 dicembre. Quello che sembra ormai certo però è che, alla luce delle proteste anti Preval, una eventuale conferma dell’attuale governo peggiorerebbe una già precaria situazione.
I maggiori sovvenzionatori dell’isola, tra cui gli Stati Uniti, la Francia, il Canada e l’Unione Europea hanno fatto sapere di essere “molto preoccupati che la situazione degeneri in ulteriore violenza, perché non vogliamo che in un processo democratico ci scappi il morto”.
In un paese afflitto anche da una recente epidemia di colera, le elezioni post-terremoto sono un passo fondamentale per il paese. Il prossimo presidente gestirà finanziamenti miliardari della comunità internazionale per la ricostruzione, ed avrà potere di veto su decisioni prese dalla commissione presieduta dall’ex presidente americano Bill Clinton e l’attuale primo ministro.
Gran parte di quei finanziamenti dipenderanno dalle competenze e garanzie morali che saprà dare al Paese il prossimo governo.