Voleva salvare vite umane innocenti. Per questa ragione il figlio maggiore dello sceicco Hassan Youssef, uno dei leader politici di Hamas in Cisgiordania, dal 1997 ha avvertito lo Shin Bet (il servizio segreto di Israele) di una lunga serie di attentati in fase di realizzazione. Rischiando di continuo la propria vita, Musab Hassan Youssef – questo il nome del giovane, oggi 32enne – salvò nell’arco di quasi dieci anni centinaia di israeliani.
Nello Shin Bet lo chiamavano “Il Principe Verde”, per la sua posizione eminente all’interno di Hamas, e per il colore tipico del vessillo degli islamici. Oggi Musab vive in California. Quando vi si trasferì, oltre due anni fa, la Cisgiordania tremò: perché il figlio dello sceicco Hassan Youssef fece sapere allora di aver abbandonato l’Islam e di aver abbracciato il Cristianesimo. Adesso, anticipa il quotidiano Haaretz, Musab fa di nuovo scalpore con un libro di imminente pubblicazione, “Figlio di Hamas”, dove rivela appunto di non aver esitato a collaborare con gli israeliani pur di sventare le stragi perpetrate dai suoi connazionali. Fra quanti furono catturati grazie alle sue dettagliate informazioni figurano nomi celebri dell’Intifada armata: Abdallah Barghuti, Ibrahim Hamed, Marwan Barghuti (al Fatah) e perfino suo padre, lo sceicco Hassan Youssef, che è ancora in carcere. Il figlio pensa di avergli comunque salvato la vita.
La prima reazione di Hamas oggi è stata di sbigottimento. «Si tratta probabilmente di guerra psicologica israeliana, di disinformazione» hanno commentato a Gaza i suoi portavoce. Ma uno di questi, Taher a-Nunu, ha anche detto che comunque la vicenda dovrà’ essere indagata. La possibilità che ai vertici di Hamas abbia allora agito una “talpa” così ben inserita desta una preoccupazione particolare in questi giorni, mentre si profila la possibilità che un’altra talpa, forse annidata nella leadership di Hamas a Damasco, possa aver in qualche modo partecipato all’eliminazione a Dubai lo scorso 20 gennaio del suo leader militare, Mahmud al-Mabhouh.
Ma dagli Stati Uniti, intanto, Musab assicura di aver detto il vero nel libro. Se oggi fosse a Gaza, aggiunge, si prodigherebbe per liberare Ghilad Shalit, il caporale israeliano prigioniero di Hamas dal giugno 2006. Da un ex ufficiale dello Shin Bet Haaretz ha appreso intanto che Musab non è affatto un millantatore. Una sua soffiata – ha ricordato colui il quale alla fine degli anni Novanta agiva con lo pseudonimo di “Capitano Loai” – valeva quanto mille ore di analisi dei migliori esperti di Israele.
In un’occasione fu necessario individuare il classico ago nel pagliaio: un palestinese che stava per arrivare in una piazza di Ramallah (Cisgiordania) ed era prossimo a compiere un attentato suicida in Israele. Nella folla, racconta il Capitano Loai, il Principe Verde lo “fiutò” in pochi minuti e la strage fu sventata. «Per noi egli fu molto importante», ha confermato l’ex vice capo dello Shin Bet, il deputato di Kadima Gideon Ezer. «Agì sempre per idealismo, non pretese mai alcun compenso».