MUMBAI – Fino a pochi mesi fa Pradeep Sharma, di professione poliziotto, celebre per i suoi metodi spicci e i suoi risultati, era un divo in India, famoso quasi quanto una star di Bollywood. D’altronde memmeno il prolifico cinema indiano aveva voluto mancare l’appuntamento con la fama dell’ispettore. Ispirato alle sue gesta era uscito nel 2004 il film «Fino ad adesso 56» diretto dal regista indiano Shimit Amit dove la cifra, cinquantasei, indicava il numero di criminali uccisi dall’ispettore di polizia.
Sadhu Agashe, il personaggio principale, è un poliziotto onesto ma violento, con degli inquietanti legami con il mondo della malavita, che diventa famoso perché sceglie la via più veloce: invece di sbattere i criminali in una cella perché vengono giudicati da una giustizia lenta ed inefficace, li uccide direttamente e inscena finte sparatorie per continuare impunemente la sua opera, pericolosamente ai margini della legge.
La vita di Pradeep Sharma non è per nulla lontana dal ritratto cinematografico. La sua pagina su Wikipedia riporta che Sharma, durante la sua carriera, ha ucciso ben centododici criminali, esattamente il doppio di quelli che gli attribuiva il film. Oggi però dopo la gloria, la caduta. Il poliziotto da mesi si trova in prigione, accusato di avere organizzato, in un finto scontro a fuoco, l’omicidio di un intermediario immobiliare per conto di un concorrente. La suprema corte ha negato la libertà provvisoria a Sharma e ad altri ufficiali sotto accusa ed ha deplorato la «sempre più grande assenza di leggi nel Paese».
La pratica dei finti scontri a fuoco, in inglese fake encounter, è tristemente celebre in India e Pradeep Sharma ne è stato uno dei personaggi simbolo. Secondo un’inchiesta, negli ultimi due decenni, più di 20000 persone sono morte mentre erano in custodia giudiziaria, e più di 4000 sono morte mentre era nelle mani della polizia. Questa attività è diventata una consuetudine particolarmente a Mumbai, dove agiva la squadra di Sharma.
