Volete vedere l’inferno? E’ a Roma, dietro le mura dell’ex ambasciata di Somalia

Sono stato all’inferno e ho scoperto che sta vicino a noi, anzi a pochissimi metri da casa nostra, ma non sembra interessare nessuno, neppure quelli che hanno la lacrima facile e la mostrano ad ogni diretta da Avetrana, anzi lì qualcuno arriva a piangere anche tre o quattro volte al giorno, a tariffa naturalmente.

Se volete vederlo, l’inferno, provate a recarvi a Roma, in via dei Villini, nel quartiere Nomentano, in una zona elegante caratterizzata dall’architettura liberty e dalla presenza di residenze di un certo pregio, con tanto di custode, di scorte, e persino a pochi passi dalla sede della autorità garante per gli scioperi nei pubblici servizi. Ebbene, tra una villa e l’altra si può scorgere lo stemma della repubblica di Somalia e il portone di quella che era la sede dell’ambasciata.

Dietro quell’austero cancello si apre l’inferno che ho potuto vedere solo grazie alla determinazione di una signora somala, Sukri Said, presidente dell’associazione Migrare , che ha voluto trascinare in quel luogo me, come rappresentate dell’associazione articolo 21 e il parlamentare Jean Leonard Touadì del pd.

All’interno, letteralmente a due metri dalla strada, vivono o meglio sopravvivono decine e decine di uomini affamati, senza acqua, senza luce, senza riscaldamento, con i volti e le mani segnate dall’acqua gelida e dal freddo che fronteggiano con qualche vecchia coperta.

Il governo somalo, che per altro è una entità inesistente, se ne frega di loro, anche perchè non pochi sono scappati per motivi politici, per sfuggire alla morte o alla rappresaglia.

I loro rappresentanti diplomatici cambiano ad ogni stagione politica, cioè spesso.

Il governo italiano se ne lava le mani, qualcuno vorrebbe mandarli a casa, magari con le ronde padane, ma non si tratta di clandestini, bensì di persone che hanno chiesto lo status di rifugiato, ne hanno diritto, non possono essere trattati come un problema di ordine pubblico

Così stanno nell’inferno, hanno persino paura di ricevere ospiti perchè temono imboscate, irruzioni a sorpresa per trasportarli in qualche altro lager chiamato magari centro di accoglienza , per poi rispedirli in bocca ai loro torturatori, come già è accaduto con l’amico libico.

“Perché accogliete con tutti gli onori l’amico libico e non gli amici somali che pure tanti legami hanno avuto con l’Italia ?” ci ha chiesto un giovane che parlava italiano inglese e francese, meglio di tutti noi. Bella domanda, forse perchè con l’amico libico si possono fare gli affari e con questi amici somali bisognerebbe solo far loro esercitare il diritto d’asilo e magari anche un po’ di compassione che piace tanto durante i giorni del Natale e serve anche a lavarsi la coscienza.

Forse gli amici somali hanno il torto di essere non solo neri, ma anche islamici e dunque per definizione indesiderati, indesiderabili e forse anche un po’ terroristi, allora lasciamoli pure morire dentro quel giardino diventato un inferno, alla fine dovranno arrendersi, uscire stremati e sarà più facile rimandarli a casa, con tanto di riprese in tv, così potranno tornare utili per la prossima campagna elettorale!

Adesso rechiamoci tutti alla prossima Messa di Natale e commuoviamoci per i poveri del mondo, l’importante è far finta di non vedere quelli che ci vivono accanto.

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Marco Benedetto