Iran, Amnesty denuncia: il dissenso viene represso con torture e violenza

Mahmoud Ahmadinejad

Una dura repressione in Iran sta colpendo il dissenso dopo le contestate elezioni presidenziali del 12 giugno, con il ricorso alla tortura, a esecuzioni politicamente motivate, all’imprigionamento di giornalisti, studenti, attivisti e religiosi: lo denuncia in un rapporto pubblicato a Londra l’organizzazione per i diritti umani Amnesty International (Ai), che lancia anche un appello alle autorità iraniane perché rilascino le persone arrestate.

A pochi giorni dall’anniversario di quelle elezioni, che riconfermarono alla presidenza Mahmud Ahmadinejad ma furono ritenute dall’opposizione falsate, il rapporto di Amnesty parla di “centinaia di persone ancora detenute per la loro partecipazione al movimento di protesta o per aver espresso opinioni dissidenti”. I detenuti, dice il documento, “vengono privati del contatto con l’esterno”. Il comunicato aggiunge che “l’imprigionamento di ordinari cittadini è divenuto quotidiano”, mentre “l’ondata crescente della repressione” ha portato a “una generalizzazione dei casi di tortura e di altri cattivi trattamenti oltre che all’esecuzione politicamente motivata di prigionieri”, quindi anche con l’uso la pena di morte come “strumento di repressione”.

Nel dettaglio, il rapporto dice, fra l’altro, che delle migliaia di oppositori arrestati, molti sono stati liberati, ma almeno 80 sono stati condannati a pene detentive fino a 15 anni. Due persone, processate per i disordini dopo le elezioni, sono state messe a morte. Inoltre almeno 50 fedeli della minoranza religiosa Bahai sono stati arrestati dopo le elezioni. Secondo Amnesty, “il governo (iraniano) è determinato a ridurre al silenzio tutte le voci di dissenso, cercando al contempo di evitare ogni esame approfondito da parte della comunità internazionale sulle violazioni connesse ai disordini post-elettorali”.

Amnesty International chiede infine a Teheran “la liberazione immediata e senza condizioni di tutti i prigionieri per motivi di coscienza” e che “tutti gli altri siano siano processati rapidamente sulla base di capi d’imputazione riconoscibili, senza fare ricorso alla pena di morte”. Solo dall’inizio del 2010, denuncia Amnesty, sono state compiute 155 esecuzioni in Iran, che ne fanno, conclude Ai, uno dei Paesi con il tasso più elevato al mondo di applicazione della pena capitale.

Siti d’opposizione denunciano: negata autorizzazione per manifestazione del 12 giugno. Proprio oggi alcuni siti dell’opposizione iraniana hanno affermato che le autorità hanno negato a dieci gruppi d’opposizione l’autorizzazione a manifestare il 12 giugno, primo anniversario delle contestate elezioni che hanno riconfermato alla presidenza Mahmud Ahmadinejad. Otto dei gruppi avevano presentato la richiesta il 3 giugno e gli altri si sono associati oggi, scrive il sito Rehesabz.net, secondo cui la risposta del ministero dell’interno “non s’è fatta attendere”. Nella loro richiesta, dice il sito, i gruppi avevano promesso che le manifestazioni sarebbero state “silenziose”, che nessuno sarebbe stato armato e che non ci sarebbe stata “alcuna dichiarazione o comizio”, ma avevano dichiarato anche che i partecipanti avrebbero portato “striscioni con la richiesta di elezioni libere” e che avrebbero utilizzato “il verde come simbolo”.

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