IRAN -Alcuni uomini iraniani hanno pubblicato sui social network delle foto che li ritraggono con indosso l’hijab, un tipo di velo islamico: è un contro-attacco alla campagna “My Stealthy Freedoom” delle donne iraniane, che da alcune settimane sfidano le restrizioni del regime relativamente all’obbligatorietà del velo, pubblicando immagini dei loro capelli scoperti sulla pagina Facebook della giornalista iraniana Masih Alinejad, che vive in esilio a Londra.
A farne il verso è un gruppo Facebook “rivale”, che prende il giro l’originale postando fotografie di uomini velati. Ce ne sarebbe n’è anche un altro, di tono certo piu’ serio, chiamato “Real Freedom of Iranian Women“, creato sempre in risposta alla pagina voluta da Alinejad, che difende l’hijab sottolineando che è ben altra cosa rispetto al chador.
Gli uomini hanno anche organizzato due piccole manifestazioni pro-hijab nella capitale Teheran, come ha riportato il Telegraph. Il giornale ha riferito che gli organizzatori e i membri hanno affermato: “Le donne non dovrebbero avere il diritto di scegliere se indossarlo. Indossare l’hijab dovrebbe essere obbligatorio, per proteggerle dalle molestie”.
In base all’articolo 638 del codice penale iraniano ratificato nel 1996, le donne che compaiono in pubblico “senza indossare una copertura religiosamente accettabile” sono punibili con una pena detentiva compresa fra 10 giorni e due mesi, oppure con una multa. In Iran il velo fu reintrodotto nel 1980 in seguito alla Rivoluzione Islamica, dopo che lo scià Reza Pahlavi lo mise fuori legge nel 1936.
Indipendentemente dal fatto che si tratti del ciador iraniano (velo che copre la donna da capo a piedi, generalmente nero), del niqab (velo che copre l’intero corpo della donna, compreso il volto, lasciando scoperti solo gli occhi), del burqa integrale afghano (considerato più un abito che un copricapo) o del rusarì (foulard che copre i capelli, obbligatorio per strada), bisogna ammettere che non parliamo di tradizioni prettamente religiose, ma anche culturali, perché le donne hanno iniziato a coprire il loro capo prima dell’avvento dell’Islam.
Lo stesso termine con cui si indica il velo, hijàb (lett. copertura, cortina), era adoperato già in epoca preislamica nelle società mediorientali per marcare lo stato sociale della donna. Come spiega l’arabista Lidia Verdoliva: “La donna dei ceti superiori lo indossava per proteggersi dagli sguardi del popolo, mentre alla serva non era permesso tale privilegio. Con l’avvento dell’Islam, in base a quanto stabilito dalla shari’ah, è stato prescritto alle donne di mostrarsi in pubblico coperte da abiti che non mettano in evidenza le forme e che lascino scoperti solamente il volto e le mani”.