MOSUL – L’Iraq vuole riprendersi Mosul e strapparla ai jihadisti dell’Isis. Tra domenica 19 e lunedì 20 febbraio i militari iracheni hanno lanciato una dura offensiva con bombardamenti aerei, mezzi blindati e migliaia di uomini che da diverse direzioni hanno attaccato la parte ovest della città, rimasta l’ultima roccaforte dell’Isis. “Spazzeremo via Al Baghdadi“, dicono le autorità dell’Iraq, consapevoli che l’obiettivo da raggiungere non sarà facile. Haider al-Abadi, premier iracheno, ha annunciato con orgoglio la “liberazione per sempre della popolazione di Mosul dall’oppressione dell’Isis e dal terrorismo”.
I combattimenti sono appena iniziati, ma ci vorranno settimane per riuscire a liberare la città dai jihadisti. A Mosul Ovest poi, gli abitanti sono nella stragrande maggioranza sunniti e non è detto che tutti sostengano l’offensiva dei governativi sciiti. Senza contare che i fondamentalisti islamici potrebbero facilmente usarli come scudi umani. Il premier è consapevole della situazione e nel suo discorso alla tv ha anche chiesto ai suoi uomini di trattare i civili con riguardo e di rispettare i diritti umani. Un monito che arriva nello stesso giorno in cui un video shock mostra i soldati di Baghdad massacrare a calci e pugni quattro civili prima di ucciderli senza pietà proprio a Mosul Est durante la sua liberazione.
La città irachena di Mosul era caduta nel 2014 nelle mani dell’Isis, che ne ha fatto la sua roccaforte dichiarando in quel giorno la nascita del Califfato, un nuovo stato tra Iraq e Siria da dove far iniziare la guerra santa dell’islam. Nei combattimenti che fino a gennaio hanno impegnato gli iracheni e i loro alleati nella riconquista di Mosul Est la resistenza dei jihadisti è stata feroce e nella battaglia di Mosul Ovest i jihadisti non saranno da meno, gran parte degli analisti prevede “combattimenti casa per casa, più sanguinosi, più estesi e più distruttivi”.
Dalla mattina di domenica i militari iracheni si sono concentrati sull’aeroporto e su una base situati a ovest del fiume Tigri, raggiungendo la sponda ‘nemica’ attraverso ponti di barche provvisori costruiti dopo la distruzione di tutti i cinque ponti che collegavano le due rive del fiume. Secondo testimoni, unità della polizia e dell’esercito oggi hanno conquistato insieme alle forze d’élite del ministero dell’Interno cinque villaggi e avanzano verso i loro obiettivi senza per ora coinvolgere nei combattimenti le unità dell’antiterrorismo, meglio addestrate e dotate di equipaggiamenti più sofisticati.
Intanto a Mosul Ovest la popolazione continua a vivere in un inferno di terrore fatto di fame, freddo e malattie. I negozi di alimentari sono quasi tutti chiusi, le panetterie non possono aprire per mancanza di elettricità e di acqua potabile. Per accendere un fuoco l’unico combustibile è la spazzatura. Gli appelli delle agenzie umanitarie sono drammatici: centinaia di migliaia di civili sono a rischio e tra loro i bambini sono almeno 350.000. Le Nazioni Unite chiedono di fare presto. Ma non si rivolgono agli strateghi militari, bensì ai politici. Servono subito, è l’appello,
“corridoi umanitari protetti attraverso i quali i civili possano essere evacuati, sottratti all’assedio e portati in salvo”.