In una nazione disordinata com’è l’Iraq del dopo Saddam, la campagna politica si svolge attraverso modalità eccentriche rispetto alle democrazie dell’Europa occidentale. Qui le elezioni, come anche le tensioni istituzionali dimostrano, sono particolarmente sensibili, sia per la fragilità della giovane democrazia, sia per la complessità della cultura locale. Inoltre all’elemento politico si mescolano inevitabilmente numerosi fenomeni collaterali, religiosi soprattutto.
Una panoramica sulla campagna elettorale irachena comincia da uno dei più grandi cimiteri sciiti della regione. Si sa che la politica non schifa, per ragioni molto variegate, i morti. A volte i defunti servono da portabandiera, da cauzione cinica e disinvolta (come fece il secondo governo Berlusconi chiamando, con il nome del giurista ucciso dalle BR, la riforma del codice del lavoro). In altre circostanze, i morti sono stati perfino fatti votare (Jean Tiberi, sodale di Chirac è stato recentemente sospettato di questo capo d’accusa).
In Iraq i morti possono essere l’esca della propaganda. Si possono vedere politici aggirarsi tra i tumuli degli imponenti cimiteri di Najaf e di Karbala. Si appostano su veicoli a tre ruote dove sono issati i rilievi a sbalzo dei i volti dei candidati e scandiscono gli slogan del partito. Sorridono con compostezza, distribuiscono volantini e dolcetti.
A onor del vero, la competizione in Iraq non è ufficialmente cominciata. I termini stabiliti dalla legge prevedono che la campagna inizi solo a partire dalla prossima settimana. Eppure, nessuno pare aver prestato attenzione alla decisione ufficiale del governo.
«Il periodo per la campagna è troppo corto» – si lamenta Mahmud Dahabi dell’Alleanza Nazionale Irachena, l’influente partito capeggiato da Moqtada Al-Sadr, l’imam sciita antiamericano. «Abbiamo cominciato – continua – la preparazione per la campagna già due mesi fa».
E così hanno fatto tutti i partiti, governativi e non, infischiandosene tutti, chi più chi meno apertamente, dell’apertura ufficiale della competizione, tentando di aggiudicarsi un margine di vantaggio che più tardi, pensano, sarà forse cruciale per determinare gli esiti del futuro parlamento.
Gli sciiti dell’Alleanza Nazionale Irachena si sono rivelati particolarmente agguerriti. Lungo le vie che conducono ai luoghi santi di Kerbala e Najaf, i seguaci dell’imam Al-Sadr hanno tappezzate le strade di poster che mescolano disinvoltamente religione e politica.
Ai bordi delle strade, i militanti hanno piazzato tende. Offrono cibo e un posto all’ombra per riposarsi. Qualcuno resta anche per dormire. Di giorno regalano ai pellegrini tè, dolci, frutti, e perfino stufato d’agnello. Tutto a costo zero. In cambio solo di qualche chiacchiera di politica, magari uno o due depliant, e poi, chissà, forse, se si stabilisce la sintonia necessaria…