Cappucci bianchi, croci bruciate: il Ku Klux Klan nell’America di Obama

NEW YORK – Nell’America che ha eletto il primo presidente nero della sua storia, vecchi fantasmi in cappuccio bianco e mantello rosso tornano a funestare le notti della Virginia, poco lontano da Washington. KKK, Ku Klux Klan: i moderni suprematisti bianchi continuano a sfilare di notte, senza nemmeno troppo nascondersi, specie dalle parti di Dungannon, nel sud della Virginia, diventata l’epicentro della recrudescenza del fenomeno. Una difficile e pericolosa ricognizione sul campo è riuscito a condurla il fotografo Jim Lo Scalzo, che ha documentato le attività di una delle mille organizzazioni che si oppongono all’odiato melting-pot, a qualsiasi forma di estensione dei diritti delle minoranze. Combattono con il disperato velleitarismo di chi si oppone alle maree: i cambiamenti demografici degli ultimi anni stanno per mettere già in minoranza la popolazione bianca.

La macchina fotografica di Lo Scalzo non mostra solo le inquietanti parate a cavallo, i cavalieri che fendono il fumo delle torce e delle croci incendiate per purificare l’America “dalle molteplici infezioni razziali”: si insinua anche nella vita quotidiana dei suoi membri, inclusa la meticolosa preparazione con cui le donne della sezione “Cavalieri della Croce del Sud” si accingono a sfilare incappucciate. L’Impero Invisibile ha mille volti, quanti le diverse sezioni in cui è suddiviso. Fondano le loro attività sulla base di una milizia volontaria che si svolge in terreni rigorosamente privati. Lì la legge non può nulla. Per questo gli attivisti continuano ad acquistare proprietà terriere: a poco a poco stanno cercando di mettere un cordone suprematista intorno a Washington, cuore dell’infezione.

Si considerano ovviamente gli eredi di una tradizione secolare, che iniziata con nel 1865 con i membri che attaccavano e linciavano i neri liberati, proseguì con la rinascita del 1915 quando il movimento arrivò anche nelle grandi città e contava 6 milioni di iscritti, tra cui molte personalità politiche. La terza vita del Klan coincise con le decine di omicidi avvenuti nel sud all’inizio degli anni ’80. Chi oggi aderisce al Ku Klux Klan è spinto dallo stesso risentimento, accentuato dalla crisi economica e dall’invidia per la crescente affermazione sociale dei neri nella società. Stan Martin della Brigata dei Cavalieri ribelli ha spiegato a Lo Scalzo la strategia difensiva del KKK: “In America i neri hanno l’Associazione Nazionale Naacp, i messicani il gruppo La Raza e gli ebrei a Lega anti-diffamazione, noi bianchi abbiamo il Ku Kux Klan”. Un fanatico difficilmente si percepisce come tale: meglio vedersi come una lobby fra le lobbies, un gruppo di pressione, più folkloristico di altri, ma niente di più. La sfida è stata lanciata a partire dalla Virginia. Obama l’ha raccolta, visto che è proprio qui che punta a vincere per garantirsi la rielezione. E per dimostrare all’America intera che non ha paura di una croce data alle fiamme in una notte di luna piena.

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Warsamé Dini Casali