Bengasi, le voci libere di radio e giornali: “Finalmente possiamo raccontare le storie dimenticate”

BENGASI – Le voci dei ribelli, di chi da settimane chiede democrazia e libertà, scorrono sulle radio e sui giornali. Sono gli organi di stampa indipendenti a dare voce agli anti-Gheddafi, che finalmente oggi possono esprimersi, almeno a Bengasi, nella parte del Paese sfuggita al controllo del colonnello. “Libia” è pubblicato dal 23 febbraio con una tiratura di 5mila copie. A lavorarci sono 15 giornalisti che per anni hanno subito la censura del regime.

Nell’etere le voci nuove sono quelle di Voce della Libia Libera e Radio Libia Libera. Gheddafi dice che tutto è tranquillo, ma le voci raccolte da questi giornali e da queste radio raccontano altro. “Ci sono morti, tanti arresti”, dice un ascoltatore di Voce della Libia libera. “Qui dicono che siamo accerchiati. Ci prepariamo alla guerra lanciata da Gheddafi”.

I giornalisti, dopo anni di censura, provano un’esperienza nuova: “E’ incredibile! Un sogno. Siamo come ubriachi di libertà”, racconta Omar Alì, 65 anni, al corrispondente del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi. “Questo fatto spiega il nostro desiderio di raccontare finalmente le cronache che ci erano sempre state negate. Sono le storie delle rivolte fallite, degli impiccati, delle vittime dimenticate” , dice Ahmad Gotran.

Alla radio qualcuno dice: “Ora possiamo finalmente ricordare le centinaia di studenti e dissidenti impiccati al tempo delle rivolte nel 1977, 1986, 1996. Fanno parte della nostra storia. Ma chiunque ne parlasse era automaticamente imprigionato. E poteva venire ucciso, sparire nelle fosse comuni segrete”.

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Elisa D'Alto