NEW YORK – La Libia chiede la revoca dell’embargo delle armi per poter contrastare l’Isis. E ‘Italia si propone come guida del processo di stabilizzazione nella regione. All’Onu si discute la strategia da attuare per affrontare la crisi libica. E l’Italia, per bocca del Rappresentante Permanente Sebastiano Cardi si dice “determinata a contribuire alla stabilizzazione della Libia attraverso il dialogo sponsorizzato dalle Nazioni Unite” e “pronta ad assumere un ruolo guida nella cornice dell’iniziativa Onu”.
“Siamo pronti a contribuire al monitoraggio di un cessate il fuoco e al mantenimento della pace, pronti a lavorare all’addestramento delle forze armate in una cornice di integrazione delle milizie in un esercito regolare e per la riabilitazione delle infrastrutture”, ha detto Cardi.
“Siamo anche pronti a curare le ferite della guerra e a riprendere il vasto programma di cooperazione con la Libia: la popolazione civile deve poter toccare con mano i vantaggi della riconciliazione auspicata dalla comunità internazionale”.
Secondo l’Italia
“le prossime settimane saranno cruciali per il futuro della Libia”, fermo restando il fatto che “serve un cambio di marcia della comunità internazionale prima che sia troppo tardi”. Ecco perche’ l’Italia ha forti aspettative sul rinnovo del mandato Unsmil: la missione Onu per la stabilizzazione della Libia “deve ricevere mandato, mezzi e risorse per accelerare il dialogo politico, stabilizzare e assistere in una nuova riconciliazione e il nuovo governo di unita’ nazionale della Libia”.
La Libia, intanto, chiede armi. Una richiesta che lascia però fredda la comunità internazionale. La paura, neppure troppo nascosta, è che le armi possano finire in mani sbagliate. “La Libia – ha detto davanti al Consiglio di sicurezza il ministro degli esteri Mohamed Dayri – ha bisogno di una posizione decisiva da parte della comunità internazionale per aiutarci a rafforzare le nostre capacità militari per meglio combattere contro i jihadisti e ciò implica la revoca dell’embargo sulle armi”. C’è un problema: il governo libico può importare armi solo con l’approvazione di una commissione del Consiglio di sicurezza, che sorveglia sull’applicazione dell’embargo imposto nel 2011. E per ora di togliere l’embargo sembra non parlarsene.