Libia, i ribelli contro Seif: “Un bugiardo. Non è finito ancora nulla”

Il risiko-Libia: clicca sulla mappa per vederla più grande

SALLUM (EGITTO) – ”Ci sono troppi bugiardi che parlano in tv, la minaccia di Saif Al Islam è solo propaganda”. Così Essam Gheriani, rappresentante del Consiglio transitorio libico di Bengasi, ha commentato, parlando con l’ANSA, l’intervista in cui il figlio di Gheddafi ha annunciato che contro i ribelli della Cirenaica ”tutto sarà finito in 48 ore”. ”Le truppe lealiste non sono in grado di prendere Bengasi”, ha aggiunto.

Il figlio del leader libico, in un’intervista a Euronews, aveva promesso che nelle prossime 48 ore le operazioni militari sarebbero finite, con la riconquista di Bengasi: “Le operazioni militari sono finite. Nelle prossime 48 ore sarà tutto finito. Le nostre forze sono quasi a Bengasi”, aveva detto Saif, aggiungendo che qualunque decisione sarà adottata dalla comunità internazionale, compresa quella su un’eventuale zona di interdizione di volo, arriverà “troppo tardi”.

Ma lo scacchiere risulta ancora indefinito per gli occidentali, con notizie e smentite che si susseguono senza sosta. (Clicca qui per veder la mappa delle attuali posizioni fornita da Drillinginfo International).

Ma proprio la comunità internazionale sembra essersi tornata a muovere nelle ultime ore. Il presidente permanente dell‘Unione europea, Herman Van Rompuy, ha detto che “i membri del Cnt, dopo la missione europea a Bengasi, sono interlocutori validi”.  Van Rompuy, dopo aver ricordato che venerdì scorso, 11 marzo, il Consiglio europeo ha affermato ”che l’attuale leadership deve lasciare”, ha anche sottolineato che ”Lega Araba, Unione Africana, Cina, Russia e Stati Uniti non sono ancora d’accordo su come eliminare Gheddafi”.

Il segerario dell‘Onu Ban Ki-moon ha inviato a Gheddafi un appello per un immediato cessate il fuoco. Lo ha riferito il portavoce dell’Onu Martin Nesirky. Ban è “seriamente preoccupato” per i segnali di un prossimo assalto delle forze governative contro la città di Bengasi, recita il comunicato letto dal portavoce. Bombardare una città come Bengasi “metterebbe enormemente a rischio le vite dei civili. Il segretario generale invita tutte le parti coinvolte nel conflitto a siglare un immediato cessate il fuoco”.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha chiesto al consiglio di sicurezza dell’Onu di appoggiare l’appello per la creazione di una no-fly zone in Libia. Sulla crisi libica era già intervenuto il ministro degli Esteri francese, Alain Juppé, attraverso un messaggio on-line inserito sul proprio blog, secondo cui numerosi Paesi arabi sarebbero pronti a partecipare a un’operazione militare multinazionale in Libia per fermare l’avanzata delle forze fedeli a Muammar Gheddafi verso gli ultimi capisaldi dei ribelli.

“Soltanto la minaccia della forza può fermare Gheddafi”, scrive Juppè. “È bombardando le postazioni degli oppositori, con le poche decine tra aeroplani ed elicotteri di cui in realtà dispone, che è riuscito a ribaltare la situazione. Noi possiamo, o potremmo, neutralizzare i suoi mezzi aerei attraverso bombardamenti mirati”, prosegue, riprendendo un’idea del presidente Nicolas Sarkozy.

Al riguardo il ministro degli Esteri cita in particolare il Libano, insieme al cui ambasciatore al Palazzo di Vetro quelli francese e britannico “hanno appena presentato al Consiglio di Sicurezza una bozza di risoluzione che ci garantirebbe l’atteso mandato”. Juppè ricorda poi che Sarkozy e il premier britannico David Cameron hanno “chiesto solennemente” allo stesso Consiglio di esaminare il testo e di “adottarlo” affinchè si possa passare all’azione. “Accade spesso nella nostra storia recente che la debolezza delle democrazie dia mano libera ai dittatori”, ammonisce in conclusione. “Non è tardi per rompere con tale regola”.

In Italia sul caso Libia si registra l’intervento dell’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni a margine di un’audizione alla Commissione Bilancio della Camera. “Abbiamo terminato la produzione di petrolio in Libia anche a causa di un problema di spedizioni”, ha detto Scaroni, aggiungendo che in Libia l’Eni “produce gas per uso domestico, alimentando tre centrali elettriche nella zona di Tripoli”. È, ha concluso, “un’attività che consideriamo positiva per i libici e che vorremmo evitare di interrompere”. Ai giornalisti che gli chiedevano se i rapporti con la Libia siano da considerarsi compromessi, Scaroni ha risposto “assolutamente no”. “Non li considero affatto compromessi”, ha detto, aggiungendo che l’Eni “mantiene rapporti con la National company libica, che è l’interlocutore naturale. Qualsiasi situazione politica si avrà nel futuro avrà una natural company con dei contratti e dei rapporti con noi, quindi non vedo ragioni perché i rapporti debbano essere compromessi”.

[gmap]

Published by
Maria Elena Perrero