ROMA – I ribelli libici accolgono con grande gioia la notizia che, alla fine, le Nazioni Unite hanno approvato la risoluzione che prevede una no-fly zone nel paese africano, persino, forse, un intervento armato.
Il reportage dell’inviato del Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi, a Tobruk racconta la ritrovata speranza dei rivoluzionari dopo che, il giorno prima, si era temuto che Muammar Gheddafi e i suoi uomini – pagati o no – si riprendessero il paese.
Dopo l’annuncio della risoluzione Onu, “da Tobruk a Bengasi il cielo si è illuminato di spari, fuochi artificiali, esplosioni e botti, in un tripudio di gioia irrefrenabile”, racconta Cremonesi. “Nel porto di Tobruk le navi hanno suonato le sirene a festa. Per le strade la popolazione piange, si abbraccia, sventola le bandiere, ringrazia Allah e soprattutto la comunità internazionale. «Non siamo più soli. Il mondo lotta con noi per la libertà» , dicono in tanti”.
Eppure proprio ieri, ad un mese esatto dall’inizio della Rivoluzione 17 febbraio, le bombe di Gheddafi avevano colpito anche Bengasi, roccaforte dei ribelli in Cirenaica. Più raid di avvertimento che bombe vere e proprie. Ma l’effetto paura era stato raggiunto.
Per il regime il radi su Bengasi è stato un “successo”, mentre i ribelli non solo li sminuiscono, ma addirittura dicono di aver “abbattuto due caccia nemici”. Ma il balletto delle versioni non è nuovo in questa guerra civile. Proprio la propaganda è uno degli aspetti di questo sconvolgimento libico, insieme alle pressioni sulla popolazione e alle bombe.
La censura si fa sentire fortissima nella capitale Tripoli, molto meno a Bengasi e nelle zone liberate. Ma qui sono i pericoli ad essere maggiori. Ieri, 17 marzo, la Croce Rossa Internazionale ha deciso di ritirare il proprio personale da Bengasi. “Troppo pericoloso”, hanno detto. Anche per i civili locali.
Tripoli ripete di aver “ormai pacificato tutte le zone occidentali, ripreso il controllo di Misurata e scacciato i ribelli da Ajdabiya”, e di aver mandato l’esercito “con armi pesanti” per controllare sommosse nelle zone occidentali, incluso la città di Zenten, a 150 chilometri dalla capitale.
Misurata e Ajdabiya sembrerebbero ancora nelle mani dei ribelli. Almeno per adesso.
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