ROMA – Le bombe della Nato esplodono su Tripoli da mesi, i ribelli avanzano, conquistano e si ritraggono: adesso c’è in ballo persino una trattativa con il rais Muammar Gheddafi.
Il regime avrebbe aperto per la prima volta le porte ai nemici, o presunti tali, per cercare di risolvere la crisi e agevolare un rimpasto al potere, ma senza lasciare la poltrona.
Il colonnello lo ha detto mesi fa, lo ha ribadito anche ora: “Vivo o morto resterò a Tripoli”. Intanto il figlio Saif al Islam ha proposto elezioni immediate per superare lo stallo: una prospettiva rifiutata sia dall’Italia che dagli Stati Uniti.
I jet della Nato hanno preso nuovamente di mira il bunker, scatenando le ire di Cina e Russia, per le quali l’Alleanza travalica il mandato Onu in Libia.
Quella libica sembra dunque essere divenuta una partita soprattutto diplomatica, con il fronte militare fermo e i ribelli, che pure continuano a guadagnare terreno verso Tripoli, sfidando il regime a est nei pressi dei pozzi petroliferi, a ovest da Misurata e a sudovest dai villaggi sulle montagne che si sono rivoltate contro il rais, che non sembrano ancora in grado di lanciare l’assalto finale contro la capitale libica.
Un insperato aiuto potrebbe arrivare proprio da Tripoli: continuano infatti le defezioni dei militari del rais che fuggono in Tunisia, mentre i pochi diplomatici rimasti fedeli vengono espulsi dai Paesi ospiti. Ultimo in ordine di tempo Abdussalam Ali Breni, che ha 9 giorni per lasciare la Spagna.
