BRUXELLES – Gheddafi deve andare via e l’Ue deve riconoscere il ruolo del Consiglio nazionale libico (Cnl). Il pressing internazionale sul regime del colonnello aumenta col passare delle ore, in concomitanza con le voci che arrivano dalla Libia e che parlano di trattative in corso tra i rivoltosi e Tripoli, nonché di un ultimatum di 72 ore lanciato al rais per farsi da parte. In attesa degli eventi, da Strasburgo Mahmud Jebril, capo del comitato di crisi del Cnl, lancia un appello all’Europa affinché il Consiglio sia riconosciuto come ”unico legittimo rappresentante del popolo libico.
E rassicura: ”Rispetteremo tutti gli accordi internazionali ed economici” firmati dal colonnello. ”E’ arrivato il momento che il regime di Gheddafi vada a casa”, ripete il portavoce del ministro degli esteri della Ue, Catherine Ashton. E il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, rincara la dose: ”Un regime che spara sul suo stesso popolo non è degno di stare nella famiglia delle nazioni”. La Nato, dal canto suo, ha deciso di attuare una sorveglianza 24 ore su 24 sul territorio libico attraverso gli aerei-radar Awacs. Continuando a prepararsi per quella che al momento sembra l’unica operazione militare possibile: una ‘no fly zone’ per fermare i bombardamenti sui civili e sulle infrastrutture petrolifere nelle zone in mano ai ribelli.
Ne parleranno giovedì a Bruxelles sia i ministri degli esteri della Ue, sia i ministri della difesa dell’Alleanza Atlantica. Poi, venerdì, il vertice straordinario dei capi di Stato e di governo europei. Ma la vera partita in queste ore si gioca al Palazzo di vetro dell’Onu. E lì si lavora incessantemente, per mettere a punto una nuova risoluzione che autorizzi anche il ricorso all’intervento militare, se necessario. Come imporre il divieto di sorvolo sui cieli libici. Nella stesura del testo sono impegnate soprattutto Francia e Regno Unito, col pieno appoggio degli Stati Uniti. Ma – oltre a una valutazione dei rischi e dei costi dell’operazione – resta un serio ostacolo da superare: le resistenze di due dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, Russia e Cina, che finora si sono mostrati in disaccordo e che potrebbero porre il veto sulla decisione.
Intanto, se una delle principali preoccupazioni è quella di evitare decisioni che possano provocare una reazione del mondo arabo e destabilizzare ulteriormente la regione, l’opzione ‘no fly zone’ incassa i favori del Consiglio nazionale libico costituitosi a Bengasi, con due capi ribelli – ex esponenti del governo libico – che, approdati a Strasburgo, rivelano: gli insorti controllano sette delle 10 città più importanti e sono contrari a interventi diretti sul territorio libico. Favorevole alla ‘no fly zone’ anche l’Organizzazione della Conferenza islamica (Oci), il cui segretario generale ha lanciato un vero e proprio appello: ”Ci uniamo a coloro che chiedono la creazione di una zona di esclusione aerea e chiediamo al Consiglio di sicurezza dell’Onu di prendersi le sue responsabilità in questo senso”. Parole importanti che arrivano all’indomani del sì della Lega Araba (che dovrebbe essere confermato nel vertice straordinario dei ministri degli esteri convocato per sabato al Cairo) e di quello dei Paesi del Golfo Persico.
Capitolo sanzioni. Ormai tra i 27 della Ue c’è l’accordo, che dovrebbe essere sancito nel summit di venerdì: il blocco dei beni (come già deciso da Usa, Regno Unito e Austria) verrà esteso anche a una lista di investitori libici pubblici e privati che detengono quote azionarie in moltissime società europee. Nel mirino innanzitutto il fondo sovrano Lybian investment authority (Lia), che in Italia controlla quote di Unicredit, Finmeccanica e Juventus. Unicredit ha già fatto sapere che è pronta a congelare i diritti di voto degli azionisti libici. Sulle altre quattro entità colpite dal blocco non ci sono conferme. Ma i rumor parlano della Banca centrale libica, della Libyan foreign bank, della Libyan investment african portfolio, e della Libyan housing infrastructure board. Nella lista finirebbe anche Mustafa Zarti, numero due della Lia.
