
TRIPOLI – Rapiti due italiani in Libia. Ne danno notizia l’agenzia di stampa turca Anatolia e un giornale libico che citano fonti istituzionali della città di Ghat, nel Sud della Libia. La Farnesina, interpellata dall’Ansa, ha confermato. Si tratta di Bruno Cacace, cuneese di 56 anni, residente a Borgo San Dalmazzo e Danilo Calonego, 68 anni, nato e residente a Sedico (Belluno). Con loro anche un italo-canadese.
Il ministero degli Esteri italiano è informato di questa vicenda e fin da lunedì mattina – quando ne ha avuto notizia – sta seguendo gli sviluppi insieme con le altre articolazioni dello Stato. Secondo quanto si apprende, si lavora con il massimo riserbo tenuto conto della delicatezza della situazione.
I sequestri sarebbero avvenuti tra le 7 e le 8 di lunedì mattina: secondo quanto riferiscono fonti di stampa locali, sconosciuti armati hanno preso in ostaggio tre lavoratori, due italiani e un canadese che lavorano per conto di una società italiana di manutenzione dell’aeroporto di Ghat, la Con.I.Cos di Mondovì (Cuneo). Non si conoscono i nomi delle persone sequestrate.
Il Corriere della Sera ricostruisce la dinamica del sequestro
Tre auto hanno affiancato e bloccato il mezzo su cui viaggiavano i tre, hanno sparato a un piede all’autista e hanno costretto gli italiani e il canadese a salire con loro. Poi se ne sono andati.
Secondo altre fonti libiche citate da un sito arabo “uomini mascherati che si trovavano a bordo di una vettura 4×4, hanno fermato vicino alla cava di El-Gnoun, un’auto dove si trovavano a bordo degli stranieri che stavano viaggiando verso il loro posto di lavoro vicino all’aeroporto di Ghat, prima di sequestrarli”. Il sito riferisce del rapimento di “un italiano ed un canadese, insieme al conducente della loro auto, un uomo che abita a Ghat”.
Qawmani Mohammed Saleh, sindaco della cittadina citato dall’agenzia turca Anatolia, ha detto: “Degli sconosciuti hanno preso con la forza questa mattina tre lavoratori stranieri che lavorano per conto della società italiana Conicos, sulla strada che porta all’aeroporto di Ghat”, oasi desertica della provincia di Fezzan nel sud del paese controllata dal governo d’accordo nazionale riconosciuto dalle Nazioni unite.
Uno dei componenti del consiglio municipale di Ghat, ha invece riferito al sito Masrawy.com che i tre occidentali “sono stati prelevati da un gruppo di uomini che erano a bordo di due auto. I rapitori hanno aperto il fuoco contro di loro e poi li hanno prelevati”. La stessa fonte ha aggiunto che “l’autista che accompagnava i tre è stato trovato con le mani legate in una zona desertica”. La fonte ha rivelato che a fornire tali particolari sulla dinamica del sequestro sarebbe stato proprio l’autista abbandonato dai sequestratori.
Finora nessuna rivendicazione del rapimento.
La Con.I.Cos (Contratti Internazionali Costruzioni) opera da decenni in Libia, con numerose commesse di ingegneria civile. E’ guidata da Giorgio Vinai, che l’ha fondata nel 1977 con Celeste Bongiovanni. Due le sedi centrali: quella di Mondovì, appunto, e quella di Tripoli, dove opera la Libyan Branch.
La zona del sequestro è in un territorio conteso tra due tribù locali, che di recente hanno siglato una fragile tregua. Ma è lontana da tutto e sono stati segnalati raid di gruppi islamisti, sia vicini ad Al Qaeda sia all’Isis. Analisti e intelligence negli scorsi mesi hanno ipotizzato che il Daesh potesse costruire delle basi nel Fezzan, proprio a ridosso della frontiera, per ricompattare i ranghi in fuga da Sirte.
La procura di Roma indagherà sul rapimento: l‘apertura del fascicolo processuale è subordinata ad una prima informativa dei Ros che arriverà a breve a piazzale Clodio. Come per analoghi episodi avvenuti in Paesi interessati da conflitti anche per i due italiani rapiti oggi si procederà per sequestro di persona con finalità di terrorismo.
Salgono così a tre i rapiti italiani nel mondo: da tre anni è in mano ai sequestratori padre Paolo Dall’Oglio, sparito a Raqqa, in Siria, nel luglio 2013.
Sul caso libico si è attivato anche il Copasir, che martedì riunirà l’ufficio di presidenza che potrebbe decidere di convocare presto in audizione il direttore dell’Aise (Agenzia informazioni e sicurezza esterna), Alberto Manenti. Gli apparati di sicurezza ritengono “non ad alto rischio” la zona della Libia dove sono stati rapiti gli italiani e il canadese, che è abitata da tribù tuareg alleate di Tripoli. Ma l’intera area, al confine con il sud dell’Algeria e il Niger, è zona di passaggio di cellule islamiste legate ad Al Qaeda e tutt’altro che immune da infiltrazioni dell’Isis.
Dopo il tragico esito del sequestro dei quattro lavoratori della Bonatti (due dei quali rimasti uccisi in circostanze ancora non chiarite a Sabratha, nel marzo scorso, dopo un sequestro durato 8 mesi), c’è stata un’ulteriore stretta per evitare che civili italiani si trovino in un Paese dove infuriano gli scontri tra milizie rivali e dove la minaccia dell’Isis è una realtà. Le aziende che lavorano in Libia (dall’Eni, alla stessa Bonatti alla Con.I.Cos) sono state invitate a servirsi di personale locale per evitare rischi.