TRIPOLI – I ribelli libici sono a un passo dalla capitale. Sono pronti a prenderla per segnare definitivamente la cacciata di Muammar Gheddafi. Sono pronti alla battaglia finale, sono gran parte giovani. A 45 chilometri a ovest da Tripoli ora assediano Zawia, prima del grande passo.
I segni della battaglia si vedono ovunque, raccontano gli inviati: i muri degli edifici sono crivellati di colpi, alcuni sono anche anneriti dal fuoco delle granate, a terra un tappeto di vetri, bossoli di piccolo e grosso calibro e pezzi di cemento.
Il figlio del Colonnello, Saif al Islam, è stato di parola: aveva promesso ampia libertà di manovra ai giornalisti stranieri e l’ha mantenuta. Per arrivare a Zawia bisogna attraversare ben sei check-point dell’esercito, che ha sigillato tutte le vie di accesso a Tripoli con i carri armati.
I militari controllano tutte le auto in fila, aprono i bagagliai alla ricerca di armi dirette ai ribelli ma controllano anche chi fugge dalla capitale sotto assedio.
La città è divisa tra ribelli e sostenitori di Gheddafi,ma il centro è in mano ai rivoltosi. “Un collega indossa il giubbotto antiproiettile con la scritta ‘Press’ ben visibile sul davanti. All’ingresso in città, Al Zawiya appare spettrale, deserta, con i resti di barricate improvvisate per le strade. Gli autisti rallentano, procediamo con cautela guardando in alto per individuare i cecchini. Imbocchiamo una stradina laterale con dei palazzi sventrati ai lati e dopo una cinquantina di metri ci fermiamo. Davanti a noi c’e’ una rotatoria che porta alla piazza principale della medina. L’accesso è stato bloccato con una enorme scavatrice Volvo gialla posta di traverso. Sulla rotatoria, sotto un albero, stazionano tre uomini armati. Sono i ribelli”, racconta l’inviato dell’Ansa Marco Brancaccia.
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