Marea nera verso l’Oceano. E “Terminator” commosso dai pellicani blocca le trivelle

I pellicani con le ali sporche di petrolio e destinati a morire commuovono il governatore della California, Arnold Schwarzenegger. Terminator dice addio alle trivelle ritirando l’appoggio al piano di riaprire alle esplorazioni offshore le acque davanti Santa Barbara. E intanto in Florida gli oceanografi puntano i riflettori su una corrente calda che potrebbe agganciare la piovra di greggio del Golfo e trascinarla verso le Keys, le isole della Florida care a Ernest Hemingway, e di qui fino a Miami. Tante variabili sono in gioco: venti, correnti, caratteristiche del petrolio.

Secondo il “New York Times” è ancora troppo presto per prevedere l’Apocalisse. “Siamo all’inizio di una lunga partita”, ha detto un esperto citato dal giornale. Intanto però a Washington cresce il panico: marea nera con il suo impatto ‘eco al quadrato’ (economico e ecologico), terrorismo a Times Square, inondazioni a Nashville, sono una ‘tempesta perfetta’ che rischia di mettere a repentaglio la reputazione di Barack Obama di presidente sempre in controllo e l’agenda del suo primo mandato.

Oltre ai pellicani della Louisiana e alle tartarughe del Mississippi, la macchia color ruggine del Golfo ha fatto danni collaterali a Capitol Hill: la legge sul clima, messa a punto dai senatori John Kerry, Joe Lieberman e Lindsay Graham includendo il piano Obama per le trivellazioni offshore nel Golfo e in Atlantico, è finita su un binario morto.

La marea nera ha sparigliato le carte: se in Texas il governatore Rick Perry difende le esplorazioni petrolifere definendone ‘sbalorditivi per l’Americà i costi, la California potrebbe far da apripista alla marcia indietro. “Le immagini che vedete in tv mi hanno fatto cambiare idea, la devastazione del Golfo del Messico: anche a loro avevano garantito che le trivellazioni erano sicure”, ha detto Schwarzy. “Invece vedo uccelli fradici di petrolio, i pescatori senza lavoro, la perdita di greggio che distrugge l’ecosistema. Non succederà in California”.

Secondo il “Washington Post” anche la Virginia ci sta ripensando. Il governatore repubblicano Robert McDonnell continua a premere per nuove trivelle, ma amministratori locali e parlamentari premono sul freno: Will Sessions, sindaco di Virginia Beach, ha puntato i riflettori sui rischi per il turismo, mentre i senatori Mark Warner e Jim Webb sono per la moratoria decisa da Obama dopo l’incidente a Deepwater Horizon. Oggi le correnti hanno tenuto la marea a distanza dalle coste ma il greggio è atteso giovedì in Florida.

Un oceanografo teme il peggio: secondo Nick Shay, della University of Miami Rosenstiel School of Marine and Atmospheric Science, tentacoli di greggio potrebbero finire impigliati nella cosiddetta Loop Corrent e venir trascinati lungo la costa della Florida fino alle Keys. La Loop Current, nella sua descrizione, è una ‘cinghia di trasmissione’. Una volta che il petrolio ci finisce dentro rischia di risalire le Keys con effetti sulle spiagge, la barriera corallina, gli allevamenti ittici. Tutto sta nel fermare il geyser di greggio che sgorga dai fondali.

Sulle coste del Golfo arrivano esperti da lontano, dall’Alaska e dalla West Coast. Bp ha accelerato i lavori per la ‘cupola di contenimento’ della perdita e domenica ha cominciato a scavare un pozzo di soccorso per allentare la pressione sul pozzo danneggiato. Ma ci vorranno mesi (tre mesi secondo le stime ufficiali) per arrivare a una soluzione e intanto cresce il tassametro dei costi: sei milioni di dollari al giorno, e non sono scattate veramente ancora le azioni legali per le quali un esercito di avvocati è calato su New Orleans.

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