Unità militari di Israele hanno compiuto nelle prime ore dell’11 febbraio un raid a Jenin (Cisgiordania) contro la casa della famiglia dell’attentatore palestinese che ieri 10 febbraio ha accoltellato a morte un sergente dell’esercito israeliano, fermatosi a un incrocio a bordo di un fuoristrada durante un servizio di pattuglia vicino alla colonia di Tapuach.
Il raid si è concluso con alcuni fermi, interrogatori e la notifica di un provvedimento di demolizione della casa dell’assassino, secondo un’abituale procedura ritorsiva. L’attentatore, Mohammad Khatib, è stato arrestato nell’imminenza del fatto. Si tratta di un ufficiale dei servizi di sicurezza palestinesi che – stando ai primi risultati delle indagini israeliane riportati dal sito Ynet – avrebbe “agito da solo”. La vittima, un sottufficiale arabo-israeliano di origini druse che paradossalmente aveva lo stesso cognome di chi lo ha ucciso – Ihab Khatib (28 anni) -, sarà sepolta oggi nel cimitero militare di Maghar, suo villaggio natale. Ihab Khatib è il primo israeliano ucciso nella Cisgiordania occupata dall’inizio del 2010, il secondo negli ultimi tre mesi.
Il ministro per lo Sviluppo Regionale, Silvan Shalom, ha accusato i vertici della stessa Autorità nazionale palestinese (Anp), e in particolare il premier moderato Salam Fayyad, di essere in qualche modo corresponsabili dell’accaduto per aver rialzato negli ultimi mesi il tono della retorica politica contro Israele. Fayyad non ha replicato, ma ha condannato formalmente l’uccisione del sottufficiale in una nota nella quale si assicura che l’Anp «intende continuare a prendere tutte le misure necessarie per evitare il ripetersi di episodi simili, contrari agli interessi nazionali palestinesi oltre che agli obblighi assunti dall’Anp».