I giornalisti scomodi costituiscono per le mafie di tutto il mondo un ostacolo da debellare e per lo Stato delle figure di denuncia da salvaguardare. M quando la mafia è radicata nelle istituzioni, lo Stato non è più salvezza, anzi è nemico numero uno nel mettere a tacere quelle voci fuori dal coro che minano la stabilità dei loschi traffici illegali.
La giornalista messicana Anabel Hernandez, del Report Indigo, questo lo sa bene: sola di fonte alle minacce di morte, per difendersi usa la penna e la carta, e scrive senza paura il nome di chi la vuole morta, scrive i nomi dei mandanti che hanno firmato la sua esecuzione. Mandanti che non vengono dal mondo nel narcotraffico, ma da quello politico, proprio perché le denunce della Hernandez costituiscono grida che squarciano il velo di omertà che copre i legami tra trafficanti di droga e Stato.
“L’obiettivo è la mia morte simulando ‘un’incidente’, una ‘rapina’ o un ‘tentativo di sequestro’ come rappresaglia per il mio lavoro giornalistico e per la pubblicazione del mio recente libro Los señores del Narco”, ha spiegato la Hernandez, che sarebbe la 66 giornalista a perdere la vita nella guerra al narcotraffico sancita da Felipe Calderòn. Se nel 2009 sono state registrate 9 mila morti, dall’inizio del 2010 si è già a oltre 8 mila, per la conferma di un triste record che è destinato a superarsi nel futuro.
La lettera della giornalista, che è oggetto ora di una mobilitazione internazionale, non cita esplicitamente il segretario della sicurezza del Messico Genaro Garcia Luna, ma lascia ben intendere che le minacce alla sua vita giungono da ambienti molto vicini alla Segreteria alla Sicurezza. Tra le associazioni vicine alla Hernandez figura Libera, associazione italiana che cerca di creare uno scudo mediatico attorno alla donna minacciata. Il coordinatore di Libera Internazionale, Antonio Dall’Olio, ha spiegato che “bisogna dare un segnale forte. Abbiamo verificato attraverso nostre fonti le minacce di cui Anabel Hernàndez ha parlato e purtroppo sono attendibili. Come lei, del resto, ci sono molti altri giornalisti in pericolo di vita. Uno per tutti Ricardo Ravelo, de El Progreso”.