Sono state identificate le due donne kamikaze autrici del duplice attentato alla metro di Mosca, così come è stato ricostruito il loro incredibile viaggio verso la morte: si tratta di una daghestana e di una cecena, entrambe vedove di leader della guerriglia ed entrambe partite da Kislyar, la città daghestana dove ieri altri due kamikaze hanno causato la morte di 12 persone e il ferimento di altre 23.
Lo afferma il sito Lifenews.ru, riportato dall’Ansa, citando fonti dei servizi di sicurezza. Una delle due “vedove nere”, come sostiene oggi anche l’autorevole quotidiano Kommersant, sarebbe Markha Ustarkhanova, una cecena di 20 anni, vedova di un guerrigliero ceceno, Said-Emin Khazriev, eliminato nell’ottobre scorso durante la preparazione di un attentato contro il presidente ceceno Ramzan Kadyrov. La donna sarebbe stata la prima a colpire, nella metro Lubianka.
Della seconda “fidanzata di Allah” non è stato svelato il nome, ma si sa che era la vedova di Umalat Magomedov, ribatezzato Albar, un capo guerriglia daghestano ucciso il 3 dicembre scorso in un blitz delle forze speciali russe. A riconoscere le due donne, e l’uomo che le accompagnava, ora ricercato, sarebbe stato non solo il conducente ma anche il gruppo di passeggeri del bus partito da Kislyar, un punto di transito tra la confinante Cecenia e la capitale russa.
Il pullman è arrivato a Mosca, allo stadio Luzhniko, alle 02.00 di lunedì, il giorno della strage. I tre, secondo le testimonianze, avrebbero preso posti distanti tra loro e non avrebbero parlato per tutto il tragitto. Le due donne, secondo alcuni passeggeri, avevano un rigonfiamento sotto il giubbotto: per i servizi segreti potrebbero aver fatto tutto il percorso con addosso le cinture esplosive. Arrivati a Mosca, dopo 36 ore di viaggio, i tre avrebbero dormito in bus sino all’alba, insieme al conducente e ad altri passeggeri: una prassi, per chi non ha dove alloggiare. Poi sarebbero entrati in azione nella metro.
