A causare la morte dei sei militari italiani a Kabul giovedì 17 settembre, non sarebbe stata una semplice autobomba ma una vera e propria imboscata preparata fin nei minimi particolari.
Subito dopo l’esplosione, infatti, i quattro soldati sopravvissuti sarebbero scesi dal’auto e sarebbe iniziata una sparatoria, durata circa tre minuti con alcuni terroristi nascosti ai lati della strada.
All’arrivo della “forza di reazione rapida”, però degli aggressori non ci sarebbe stata traccia. E il comando della missione Isaf, per ora, non conferma l’ipotesi dell’agguato complesso, rimandando alla fine dell’inchiesta «perchè il quadro è ancora nebuloso».
Alte fonti della Isaf-Nato, però, al Corriere della Sera, ammettono la sparatoria e la presenza di nemici ai lati della strada: «Forse quattro o cinque. Il numero non è chiaro. Hanno aperto il fuoco contro i quattro sopravvissuti del secondo blindato. Questi erano confusi, in stato di choc. alcuni di loro ancora non avevano realizzato che il primo Lince era stato colpito. Pensavano di essere stati loro gli obbiettivi principali dell’attentato. Però sono riusciti a reagire abbastanza in fretta. Anche aiutati dal fatto che intanto era sopraggiunta una pattuglia inglese, seguita subito dopo da una norvegese. Hanno così compreso da dove provenivano gli spari, si sono riparati dietro il loro mezzo danneggiato e hanno risposto al fuoco. A quel punto gli aggressori si sono dileguati».