NEW YORK – Nei non pochi momenti di disperazione in quei 69 giorni passati a 600 metri sotto terra i 33 minatori cileni hanno pensato chi al suicidio, chi al cannibalismo.
Lo rivela un libro (‘I 33 uomini’) scritto dal giornalista americano Jonathan Franklin, gran conoscitore del Cile. Il giornalista, che ha potuto parlare con i sopravvissuti all’incidente, spiega che i 33 minatori soffrivano tutti di ”problemi psicologici post-traumatici” e che per i primi giorni si divisero delle porzioni di tonno.
Ma anche che, prima del contatto con i soccorritori avvenuto il diciassettesimo giorno, molti già stavano pensando di sopravvivere mangiando la carne dei primi compagni che avessero ceduto. Poi per fortuna i soccorritori hanno potuto far arrivare del cibo ai minatori sepolti sotto 600 metri di terra.
Altri pensarono seriamente al suicidio arrivando al punto di programmarlo con il monossido di carbonio attraverso l’accensione dei motori delle macchine.
