ROMA – Il rame scarseggia, la Rio Tinto lo cerca a 1.200 metri di profondità. Un viaggio nella crosta terrestre che costerà 165 milioni di dollari, ma promette ricavi da 5 miliardi. Tra ”appena” 136 anni le riserve di rame nelle miniere “superficiali”, la cui profondità sta intorno alle centinaia di metri. La località scelta dalla Rio Tinto, un colosso anglo-australiano, è la miniera di Bingham Canyon, nello Utah.
La costruzione della miniera richiederà complicati tunnel che sopportino il peso degli scavi nella roccia. Necessario sarà anche lo studio di nuove e adatte tecnologie robotiche, che sostituiscano l’uomo nel pericoloso viaggio verso il centro della terra. Le talpe perforatrici scaveranno i tunnel, che saranno rinforzati con strutture in acciaio e cemento, e alcune piattaforme per l’estrazione dei metalli saranno inseriti. Un sistema di pompaggio servirà a tirare in superficie l’acqua, evitando che i tunnel si allaghino durante gli scavi.
Un progetto ambizioso, che si scontra con l’opposizione degli ambientalisti. Bonnie Gestring, un attivista di Earthworks, ha detto a Repubblica: “Gli scavi in profondità rischiano di intercettare le acque nel sottosuolo e quindi di aumentare le possibilità di inquinamento dell’acqua. L’acqua si contamina per esposizione ai metalli o ai solfuri nella roccia, formando una fonte di inquinamento che se non viene catturata e trattata rischia di contaminare le riserve potabili”.